7
marzo - 8 aprile 2009
Gabriel Zagni
Miele
nel disordine
[dipinti,
video e altre figurazioni]
Allestita
come un percorso fra emblemi e allegorie, la mostra
offre un colpo docchio illuminante
sullavventura artistica di Gabriel Zagni, una
vicenda creativa che appare composita e coerente allo
stesso tempo. Composita perché utilizza materiali,
supporti e media differenti realizzandosi attraverso
le tecniche più svariate e i generi più diversi.
Coerente perché alla base ci sono dei meccanismi
comunicativi, dei modi di costruire il messaggio che
in fondo sono comuni a tutte le opere. E questo
permette di estrarre uno stile unitario, dei tratti
distintivi che individuano un modo originale di
comunicare e di fare arte.
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[dal video
"Respiri e diamanti"]
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Da un lato c'è l'attività di
cantautore di Zagni, che permette di spiegare tante
cose, a cominciare dal fatto che spesso le sue opere
nascondono un enunciato, sembrano voler dire
qualcosa, inducono all'interpretazione. Scrivere e
cantare canzoni significa essere musicista, poeta e
interprete, mettere insieme delle abilità non solo
per fini puramente estetici, ma per comunicare a un
pubblico fisicamente presente con i propri orecchi e
i propri corpi. La comunicazione è il dato primario
della canzone d'autore, un genere misto che segue le
regole della retorica musicale e di quella verbale
per catturare il pubblico già dal primo ascolto. I
grandi cantautori sono quelli che riescono a
utilizzare al meglio queste convenzioni, introducendo
piccole innovazioni formali che, per il fatto di non
essere dirompenti, consentono di far accettare più
facilmente al pubblico dei contenuti veramente nuovi.
Questa dialettica fra convenzione e
innovazione, fra tradizione e rottura, a lungo
praticata nell'attività di autore e interprete di
canzoni, è una delle costanti dell'opera figurativa
di Gabriel Zagni. Ne abbiamo conferma se passiamo a
considerare un altro ambito di eccellenza della sua
arte: il disegno. Anche in questo caso, generalmente,
non ci troviamo di fronte a un fatto puramente
artistico, fine a se stesso, disegni da incorniciare
come quadri. No, per Zagni il disegno è anzitutto
illustrazione, storia, discorso, comunicazione.
Proprio per questo utilizza le tecniche e gli
strumenti retorici del fumetto, dell'umorismo grafico
e del disegno satirico. Quando poi organizza i suoi
lavori grafici in storie animate, come nei raffinati
video musicali realizzati per Lucio Dalla, Attilio
Fontana e Francesco De Gregori, aggiunge anche la
retorica del linguaggio cinematografico.
L'approccio di Zagni ai video musicali
potremmo definirlo di accompagnamento. Fra la canzone
e le sue immagini c'è un rapporto pacificato,
raramente le sue figurazioni entrano in contrasto con
il testo o la musica, ma anzi in qualche modo li
completano arricchendoli di particolari. Se la
canzone parla di un cane vediamo un cane, se parla di
una spiaggia vediamo una spiaggia, se parla di droga
vediamo una siringa. Se però allarghiamo il campo e
mettiamo a fuoco i particolari della scena, vediamo
che c'è costantemente qualcosa che non torna. Poi a
poco a poco cominciamo a renderci conto: non si
tratta mai di mondo reale ma di scenografia, teatro,
dove le persone si muovono come marionette, compiono
azioni meccaniche, innaturali, oppure volano, si
trasformano. E' un mondo totalmente paradossale, dai
contorni deformati, nello stesso tempo semplificato
ed esagerato. E' l'universo visivo di Zagni, dove
paradosso, iperbole e litote (semplificazione) sono
le figure distintive.
La conferma l'abbiamo dall'insieme
delle opere esposte allo Studiolo di Campi, in cui
accanto ai video vengono proposti 13 acrilici su tela
e 12 figurazioni tridimensionali in cartapesta. Le
tele ribadiscono con forza i tratti stilistici
dell'arte di Zagni: poche e rapide pennellate senza
disegno preparatorio a definire figure umane
variamente modificate nei contorni, nei colori o
nella stessa essenza umana. In effetti, un'altra
delle figure retoriche ricorrenti in queste opere è
la crasi, che nel linguaggio verbale si risolve nel
mettere insieme due parole a formarne una sola, nelle
arti figurative si realizza nel mettere insieme due
immagini a formare qualcosa di inaspettato. In Zagni
sono ricorrenti immagini che uniscono fattezze umane
e animali (donna-gatto), facce e vegetali, facce e
cibo.
Questo procedimento tipico dell'arte
surrealista, ma anche del disegno umoristico, è
particolarmente evidente nelle opere in cartapesta,
maschere o antefisse in cui si rivelano alla vista
delle condensazioni oniriche che inducono a perdersi
nel gioco delle interpretazioni, una cabbala gentile
ma percorsa da inquietudini, un voler dire ma per
enigmi che chiedono di essere risolti. Un comunicare
che rimanda ad altro, un'arte che è gioco di rimandi
e citazioni anche sorprendenti e in certo modo
spiazzanti, come quando dalle tele emergono motivi o
vere e proprie icone della tradizione: l'Ecce Homo,
gli strumenti della passione, il nimbo di un santo.
Intendiamoci, non c'è assolutamente nulla di
devozionale in queste emergenze, tanto più che la
formazione di Zagni affonda le radici nel variegato
mondo della cultura ebraica; si tratta piuttosto di
un ritorno del rimosso, un venire a galla di simboli
e figure che esprimono la complicazione e la
molteplicità dell'io.
E un'arte, quella di Gabriel
Zagni, che comunica attraverso un lavoro retorico
fatto di paradossi, iperboli, semplificazioni e
commistioni; dove c'è teatro e carnevale, dove
maschere e quinte, nel gioco di rimandi con la
tradizione, si fanno emblemi e allegorie, surreali
relitti barocchi che nascondono segreti dietro
raffinati e suggestivi enigmi visivi.
[Paolo Pettinari]
Gabriel Zagni - Cantautore,
disegnatore, pittore, attore, videomaker, nel 1992
entra in contatto con Lucio Dalla. Dal 1996 al 1999
si stabilisce a New York e qui frequenta artisti e
musicisti tra cui Arto Lindsay, Diego Ortez, Mimmo
Paladino, Luigi Ontani. In tempi più recenti oltre a
dedicarsi alla musica ha ideato e realizzato vari
videoclip animati tra cui Malinconia
dOttobre e Rimini per Lucio Dalla, Respiri
e diamanti per Attilio Fontana, Langelo
di Lyon per Francesco De Gregori. Nel 2008 ha
interpretato il pittore William Hogarth nella Beggar's
Opera andata in scena al Comunale di Bologna con
Peppe Servillo, regia di L.Dalla.