Mariella
Bettarini: "Già dal lontano..."
Già dal lontano
1979, quando Silvia Batisti ed io curammo il
volume Chi è il poeta? (uscito
lanno seguente con la Gammalibri di
Milano), e ancor prima, nel 1973, quando
ancora insieme ideammo e poi fondammo il
"quadrimestrale di poesia e altro
materiale di lotta" dal titolo
"Salvo imprevisti", la poesia è
sempre stata al centro dei miei interessi e
di quelli di moltissime/i amiche e amici,
divenuti nel tempo redattori di "Salvo
imprevisti" prima, de "Larea
di Broca" poi, dal 1993, quando la
rivista prese questo titolo e il sottotitolo
di "semestrale di letteratura e
conoscenza".
"Poesia principio
della realtà (area della coscienza) e
insieme principio del piacere (area
dellinconscio)": così scrivevo
quasi quarantanni fa, a proposito,
appunto, del tema "Poesia e
inconscio" nel fascicolo omonimo
(settembre-dicembre 1979).
Dopo aver pubblicato
numerosissimi fascicoli della rivista, che
conta più di settecento
collaboratori/collaboratrici, che cosa è
cambiato - a proposito della poesia - in
questo nuovo secolo e nuovo millennio? Molto
(tutto?) o forse (quasi) niente? Vorrei
intanto trascrivere almeno in parte
le tre "corpose" domande che
hanno dato modo a trentatré poeti uomini e
donne di rispondere nel già citato volume Chi
è il poeta? Tra gli autori e le autrici
non posso non citare (in ordine cronologico,
così come appaiono nel volume) i nomi di
Sereni, Luzi, Zanzotto, Guidacci, Roversi,
Spaziani, Toti, Giudici, Pignotti, Majorino,
Pagliarani, Di Ruscio, Raboni, Niccolai,
Porta, Camon, Brugnaro, Maraini, Vassalli,
Spatola, Bellezza, Paris, Cucchi, Viviani. Le
tre domande (ideate nel 1979) erano di questo
"tenore":
- (
)
Che significa oggi, alle soglie degli
anni Ottanta, essere poeti in Italia?
E possibile "essere
poeti" in una società (anche
letteraria) come la nostra?
- Il
rapporto tra scrittura e biografia,
tra versi e vita, tra uomo (donna) e
poesia, tra letteratura e storia di
sé, tra individuo e poeta? (
)
Vorremmo tu parlassi di questo.
- A tuo
giudizio, il testo basta a sé stesso
oppure no? Il lettore ha o non ha
diritto di conoscere luomo (la
donna) poeta, la sua realtà
pretestuale ed extra-testuale? Quale
rapporto indichi tra la carta
(
) e la (tua) carne? (
)
Tornando a dire di
"Salvo imprevisti" e de
"Larea di Broca", mi fa
piacere segnalare alcuni dei fascicoli che si
sono occupati di poesia. Tra questi:
"Poesia/poeti/ipotesi" (n. 16,
1979), "Poesia scritta/poesia
orale" (n. 17, 1979), "Poesia e
inconscio" (n. 18, 1979), "Poesia e
teatro" (n 31-32, 1984), "Poesia e
follia" (n 45-47, 1988-1989),
"Scrittura e (è) potere?" (n.
71-72, 2000).
E oggi? Ora? In questo
nuovo secolo e millennio? Non posso che
riprendere quanto scrivevo nel 2013, in un
supplemento della rivista (sempre stata
autofinanziata, interdisciplinare,
monografica) a proposito dei
quarantanni dalla sua fondazione (e
adesso ne sono passati ben quarantacinque):
"Il momento storico (e dunque
culturale), in Italia e nel mondo, è ancor
più faticoso e difficile. Che cosa compete a
un gruppo di scrittori, di poeti, di
'intellettuali' (e ancor più a un singolo
autore)? Purtroppo, quasi nulla. In questo
'quasi' cè però, forse, anche la
nostra r/esistenza ostinata. Siamo ancora
contro. Siamo con. Sentiamo di poterlo dire
senza trionfalismi, ma quasi con
orgoglio".
A proposito delle risposte
al questionario sulla poesia per questo
numero della rivista, mi limiterò a dire
che, certo, la produzione poetica negli
ultimi anni è cambiata in peggio, complice
(soprattutto) luso dei mezzi
informatici. Come si può, infatti, dare
ascolto - soprattutto intimo - alla poesia
quando si è sempre attaccati agli
smartphone, quando si è sempre presi dalla
rete? Questo è a mio avviso
uno dei principali, gravissimi problemi che
gravano anche sulla letteratura, sulla poesia
(sulla sua lettura e scrittura). Credo
proprio che sia venuto del tutto a mancare
lindispensabile pensiero, soprattutto
lindispensabile silenzio che nutrono lo
scrivere in versi. Persino la cosiddetta
"cultura di massa" credo risenta di
questa ormai globalizzata, ossessiva presenza
dei mezzi tecnologici, della multimedialità,
che sicuramente oscurano, rendono sempre più
opaca e silente la poesia.
Del resto, credo che anche
la scuola non ponga seri ostacoli a tutta
questa "massificazione" mediatica.
Credo che la sempre più rara, male amata
poesia sia divenuta una minima parte della
materia "lingua e letteratura
italiana". Che è stata a sua
volta invasa, e sta per essere
definitivamente schiacciata,
dallassalto della lingua inglese, dalle
infinite forme usate nel suo lessico.
La poesia di questo nuovo
secolo e millennio, dunque, qual è?
Dovè? Dovè finita? A me pare
sempre più in difficoltà, in discesa,
sempre più in crisi, purtroppo
[Mariella Bettarini]
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