Paolo
Febbraro: "La funzione della..."
1. Che funzione
ha la poesia? A cosa serve?
La funzione della
poesia è quella di esserci, di essere
scritta e di proporsi, contro tutto ciò che
sembra farne a meno, a tutti, pur sapendo che
pochissimi la accoglieranno. Non ha una
funzione specifica; in passato servì a
eternare le gesta di eroi, atleti e
condottieri, ad allietare i conviti, a
tramandare le leggende di fondazione, persino
a rappresentare in un "analogo
poematico" la natura stessa delle cose
(Lucrezio). Oggi la poesia deve
principalmente resistere a un mondo che è
tutto teso a scoprire nuovi modi di
comunicare più che a elaborare motivi
profondi per farlo. Deve introiettare la
propria marginalità mediatica per giocare a
rafforzarsi sempre più. Sembrerà buffo, ma
meno ha potere più la poesia deve aumentare
il proprio peso specifico. Proprio perché
verrà letto da pochissimi, ogni libro di
nuova poesia deve aspirare a cambiare tutte
le vite.
2. Come è
cambiata la poesia negli ultimi 50 anni?
Da cinquantanni
a questa parte, ovvero dallapparizione
della Neoavanguardia e dallegemonia dei
mass-media, la poesia è mediamente
peggiorata. La tenuta formale è diminuita,
cè più velleitarismo e sempre più
una vaga "scrittura di tipo
poetico" è apparsa come il mezzo di
espressione di un gran numero di persone.
Tendono a mancare il differenziale poetico,
quella dignità figurale, quella onestà
artistica che caratterizzano il vero lavoro
poetico, la congruità dellispirazione,
e persino (o soprattutto) la qualità
profonda della persona che scrive e pubblica
i suoi versi. Negli ultimi cinquantanni
ci sono stati ottimi poeti, ma la critica e
la storiografia letteraria se ne sono accorti
con enorme fatica, spesso con la
trascuratezza di chi si fa sommergere dalla
quantità e rinuncia al dovere di
selezionare, comprendere e indicare. Poeti ed
editori, senza la critica, hanno fatto da
soli, esaltando poeti che sono piccoli o
grandi equivoci, e lasciando nellombra
i pochi veri autori.
3. Come si
identifica oggi il linguaggio della poesia?
Quello della poesia
non è un linguaggio, cioè non è un tipo di
espressione specifica. Dunque, non va
identificato in alcun modo, se questo deve
avvenire nei confronti di altri linguaggi,
come quello del giornalismo, della politica,
delleconomia, ecc. Tipico della poesia
è luso semantico del suono della
lingua: trarre significati dalla musica
verbale. Di fatto, non è un linguaggio, ma
una modalità della mente, una facoltà
umana.
4. Oralità,
scrittura, virtualità: come interagiscono i
differenti canali nella realizzazione del
testo poetico?
Della virtualità non
saprei, non me ne occupo e minteressa
poco. Scrivo i miei versi a mano, e ancora
oggi preferisco pubblicarli su carta che sul
web. Fra oralità e scrittura cè
sempre stato, in poesia, un grande e vivo
rapporto. Mi piacciono le letture in pubblico
perché sono anche un test delle qualità
sonore dei singoli componimenti, del loro
fascino, anche misterioso e non immediato,
della loro potenzialità. La poesia non è
mai stata solipsistica, è sempre stata
orientata verso un pubblico che ascolta e
legge, anche se il primo ascoltatore di un
componimento è il suo stesso autore, che
dovrebbe essere il più severo ed esigente,
il più cauto nel metterlo in circolazione.
5 Qual è lo
status del poeta? Perché oggi uno
spacciatore o un pornografo sono più
accettati socialmente di un poeta?
Sullo spacciatore e
sul pornografo non saprei
Forse sono
più accettati perché un gran numero di
persone ha bisogno di drogarsi e di vedere
pornografia. Non so che farci. Abbiamo
lottato per secoli per ottenere democrazia e
libertà per tutti, pari dignità per tutti,
ed ecco che i "tutti" si esprimono
rispondendo in massa ai famosi "bisogni
indotti" da una vita di lavoro alienata
e mediamente poco soddisfacente. Del resto,
in un mondo inquinato, lanciato a folle corsa
verso la catastrofe ambientale,
affollatissimo e rimescolato da immani
migrazioni, con enormi sperequazioni
economiche, vorrei vedere che molti non
cerchino uno straccio di evasione nella droga
o nel sesso virtuale. Lantico regime
era inaccettabile, ma quello nuovo è
entropico, frustrante, finto-libero, e
consuma enormi energie nervose e materiali.
Da parte sua, la poesia è accettata nelle
sue forme surrogate: le canzoni riempiono gli
stadi e le radio, moltissimi testi filmici e
televisivi accostano immagini e suoni in
maniera intuitiva e analogica, appagando il
desiderio di sorpresa e creatività. Il testo
poetico vero e proprio da una parte si
inflaziona, diventando espressione
semplificata dellesperienza,
dallaltra ha bisogno di tempi di
lettura dilatati, di silenzio interiore, di
disponibilità profonda, di plurime
connessioni alla propria memoria. Chi oggi
può permettersi questi lussi? Sappiamo bene
che il tempo libero di massa è stato
concepito dallindustria moderna solo
per ricomprarlo immediatamente con milioni di
occupazioni evasive (sport, moda, vacanze
esotiche, industria culturale, mito della
"forma" fisica, ultimamente la
gastronomia e labilità culinaria).
Oggi il rumore di fondo è intollerabile, e
viene vinto solo da altro rumore che abbiamo
lillusione di scegliere. Davvero, credo
che la poesia sia ormai una questione aperta
solo per qualche migliaio di persone. Forse
avrà 50.000 lettori in tutta Europa. Cento
anni fa un libro di versi poteva benissimo
essere stampato in 500 copie, perché ognuna
di esse aveva il nome del destinatario
virtualmente scritto sopra il frontespizio.
Quelle 500 persone erano la società
letteraria, e la società letteraria
coincideva con lélite culturale, che
condivideva le letture di base e si
aggiornava concordemente sugli stessi testi.
Era naturale il passaggio fra la
pubblicazione, la lettura, il giudizio di
valore, la critica e la storia della
letteratura. Oggi quel passaggio è spezzato.
Non è in crisi la poesia, che ha ancora una
quindicina di ottimi autori, ma il
lettore-critico di poesia, il gusto, la
strumentazione retorica e la tenuta morale
dellinterprete. Si preferisce
dichiarare morto un tipo di letteratura e
tacciare di retrogradi i suoi ultimi
esponenti. Daltronde, se 100.000
scriventi non hanno spessore, i 50 che ne
hanno sono automaticamente dei sopravvissuti.
Resta la speranza della scuola, che ha
unimmensa potenzialità. E' un mondo
ancora legato allautorità e alla
personalità dellinsegnante, e quindi
allo scambio affettivo del sapere, nei
confronti di giovani inesperti ma da cogliere
nel momento magnifico della crescita e
dellaffermazione, del desiderio e
dellincertezza. Per loro la poesia può
ancora diventare uninquietante
abitudine.
[Paolo Febbraro]
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