Luigi
Fontanella: "La poesia non ha..."
La Poesia non ha
nessun fine utilitaristico, ma, al contempo,
ha una profonda e duratura funzione etica e
terapeutica (rimando al recentissimo volume
di Alexandre Gefen Réparer le monde,
Paris, Jose Corti, 2017). Il dire poetico
tocca il lettore attraverso inquietudini di
ordine etico, psicologico e terapeutico,
consistente nel demandare alla scrittura di riparare,
riannodare, rinsaldare e
infine colmare (sono esattamente i
verbi usati da Gefen) le pecche e le
manchevolezze della nostra contemporanea
"civiltà", ritessendo storia
collettiva e storia individuale e, in
sostanza, sopperendo alle pseudo-mediazioni,
ai non-interventi di supporto delle nostre
istituzioni sociali, politiche e religiose
che avrebbero l'obbligo di occuparsene, le
quali oggi come oggi, specialmente in Italia,
risultano obsolete, negligenti e del tutto
deliquescenti. Rimando alla prima parte di un
mio scritto uscito di recente in
"Gradiva" (n. 53, primavera 2018).
In questi ultimi 50
anni la poesia è profondamente cambiata, nel
senso di una sua paurosa devitalizzazione.
Abbiamo assistito e assistiamo, nei suoi
riguardi, a una graduale disaffezione
e polverizzazione, grazie anche al
chiacchiericcio che di essa si fa
telematicamente. E' venuta sempre più a
mancare la riflessione e la concentrazione,
sostituite da una sorta di sfogo immediato o
semplice chiacchiera attraverso internet. Da
qui, appunto, una sempre minore efficacia di
inerire al / nel suo pubblico. Eppure, come
ha scritto Jünger, la Poesia continua a
dominare intensamente l'universo, in modo
più profondo e durevole di qualsiasi sapere
e di qualsiasi politica. I poeti sanno donare
i grandi rifugi, i veri alberghi. Ecco
perché laddove essi manchino, crescono
deserti spaventosi!
[Luigi Fontanella]
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