Kiki
Franceschi: "Nel passato c'è stato
chi..."
1. Che funzione
ha la poesia? A cosa serve?
Nel passato c'è
stato chi ha ritenuto che la poesia dovesse
avere una funzione sociale o qualche compito
gradito al potere politico. E' stata una
messa a morte della poesia. Niente funzione,
non se ne parli.
La poesia è vita,
esplorazione. Esplorazione in quel non luogo
dove nascono i linguaggi, là dove ogni
discorso poetico affonda le radici, quando la
musica vocale mette in scena la parola,
quando il suono diventa significato ed ha una
precisa forza impressiva ed espressiva.
Esplorazione per ritrovare quei luoghi
dimenticati dove i suoni e le parole non sono
né suoni né parole ma hanno una precisa
somiglianza, suoni leggeri, parole diafane in
trasparenza, sospese.
Esplorazione negli oscuri
recessi della storia, vagando oltre cumuli di
cocci, frammenti, resti di templi, parole e
suoni, povere elemosine dei secoli e dei
millenni. La poesia è desiderio di una
scrittura del non scritto, senza grammatica,
fatta di parole sperdute, scritte e
abbandonate, che arrivano lievi come il vento
e passano con la vita stessa.
2. Come è
cambiata la poesia negli ultimi 50 anni?
Mi viene in mente
subito la poesia di Morgenstern Canto
notturno del pesce dei primi del
Novecento, mi pare 1901, poesia visuale, e
concreta e poi ripercorrendo in prosieguo
quel magico periodo sperimentale della poesia
fino ad oggi sono convinta che il percorso
poetico è stato rivoluzionario.
Alla base di ogni
rivoluzione è la ricerca del linguaggio che
ne deriva e che la determina. Si scopre
allora che ogni innovazione sinnesta
sempre su una tradizione culturale perché
lartista osserva e ripensa di continuo
al passato e al presente ed è da questo suo
ripensamento, "rimuginamento",
"ruminamento", inizia la sua
personale proposizione.
Osservando il percorso
dellavventura poetica che è venuta
segnando i secoli il poeta riscopre i
perché, ritrova i suoi padri. Soprattutto il
poeta davanguardia, o almeno quel poeta
il cui percorso appare innovativo e
azzardato. Esiste una tradizione
letterario-visiva-sonora trascurata nella sua
natura iconico-linguistica sonora, che
costituisce un genere a sé nellambito
della letteratura, una produzione poetica
dove il gioco e larte
sintrecciano, sincontrano in
motivazioni profonde che vanno interpretate
dalla radice dellimpulso
allintenzione dellatto. Gioco ed
arte sono uniti nel carme figurato, nei technopaegnia
medievali, nei calligrammi su su fino ad
arrivare a quelli di Apollinaire, alle
sperimentazioni poetiche e musicate di
Ginsberg. Gioco ed arte liberano
lartista dalla necessità di
raccontare, stimolano il suo ingegno,
aguzzano il suo genio, coinvolgono il lettore
nel divertimento dellartificio,
nellinganno sottile,
nellambiguità prodigiosa, nello
slancio mistico talvolta. Lanalisi da
farsi non è solo visiva. Occorre risalire
allorigine di quell'impulso formale che
va a ricercare lespressione iconica
come se la parola o il suono non fossero
sufficienti alla estensione poetica. Certo è
che dal medioevo in avanti si ha una folla di
autori, Colonna, Marino, Boccaccio, Boiardo,
Folengo, Góngora, che con la poesia sonora e
figurata raggiungono estremi di virtuosismo e
di eleganza. Se i carmi figurati medievali
sono pagine di lode cosmica del Liber
Mundi, le opere moderne, nate da un
mondo senza eternità e divino, sono
auto-celebranti e testimoniano la necessità
di sovvertimento, di rinnovamento del mondo
dellarte.
E come se lo
scrittore si ribellasse alla scrittura, ad
unimmagine della scrittura fatta solo
di linee rette. Infatti la linea retta è il
solo effetto iconico che nasce dalla nostra
scrittura ed è quello che la fa apparire
più lineare di quanto non sia. Il fantasma
del rigo nero che attraversa il foglio bianco
è radicato profondamente nella coscienza
della nostra scrittura alfabetizzata, tanto
che la lingua appare composta da una linea di
parole, una linea di suono che attraversa il
silenzio.
3. Come si
identifica oggi il linguaggio della poesia?
In poesia valgono
molti linguaggi, anche usati insieme: sonoro,
visivo, gestuale e "lineare". Mi
piace davvero poco questa definizione in uso.
(Lineare mi fa venire in mente la scrittura
lineare b.) Uso di malavoglia l'aggettivo ma
tant'è, lo uso per intendersi al volo. Io
sono convinta che la poesia e la pittura
nascono da un pensiero parlato, da immagini
interiorizzate, da un "inner speech"
- così lo definiva Vittorio Sereni - che sta
tra la visione e la parola. Il poeta e il
pittore colgono gli aspetti della vita ma
vanno oltre. Puntano all'essenza. Il
significato della pittura e della poesia e
anche quello della storia sono da trovarsi
nel rapporto con il grande archetipo
dell'esistenza umana. La poesia per me è
esperienza totale. Mito, linguaggio,
cosmologia in movimento, musica, sonorità,
gesto.
4. Oralità,
scrittura, virtualità: come interagiscono i
differenti canali nella realizzazione del
testo poetico?
Ho già detto prima
che tutte le espressioni poetiche possono
essere contemporanee. Poesia totale è anche
ritorno alla tradizione, alle origini della
poesia che nasce come esperienza
totalizzante: musica, gesto, oralità,
visualità. I paleolitici che facevano arte
nelle grotte al lume delle torce,
dipingevano, danzavano, esprimevano in suoni
e parole i loro messaggi al cosmo. E così
nei secoli a venire abbiamo assistito a
questa entusiasmante commistione
espressiva... pensiamo alle sonorità
barocche di Góngora, agli esperimenti di
Marino, Folengo, dei mistici inglesi fino ai
futuristi che si sono agganciati anche loro a
questa tradizione, che hanno operato sul
significante in poesia, quel significante che
ha la qualità espressiva necessaria per dare
sostanza al significato.
5. Qual è lo
status del poeta? Perché oggi uno
spacciatore o un pornografo sono più
accettati socialmente di un poeta?
E' dagli anni 70 che
assistiamo sgomenti alla banalizzazione
dell'arte, una contaminazione tra
atteggiamenti progressisti e reazionari.
Vediamo in giro una produzione perfettina, un
lavoro che talvolta sembra d'avanguardia e
tuttavia è pura accademia.
Per questo ci sentiamo
soli. Ci sentiamo abbandonati dalla società
in cui viviamo, siamo alieni tra zombies
che amano il kitsch e accettano
soltanto quello. Oramai estinti i fuochi
della controcultura degli anni sessanta,
quando tutti eravamo poeti pronti ad
afferrare il cielo e a scrivere persino sui
muri i nostri sogni, ora viviamo in una
anti-cultura piatta e grigia.
Come sopravvivere? Credo
che dobbiamo impossessarci dell'arte,
ri-meditare le ragioni del nostro fare
poetico. La poesia è roba nostra e solo
nostra. Fino dai tempi di Lascaux è stato
così, quando noi poeti nella caverna, al
buio appena vinto dalle fiaccole vivevamo la
nostra avventura espressiva e facevamo arte
per indossare con gioia e condivisione
l'universo intero.
[Kiki Franceschi]
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