Marisa Papa
Ruggiero: "Credo sia superfluo..."
Credo sia superfluo
precisare di quale poesia intendiamo
occuparci: di una poesia capace di
legittimarsi di forza propria, i cui comandi
interni siano perentori e lo sono in ragione
della propria verità e necessità d'essere.
Una poesia che non smette di interrogarsi sul
linguaggio, di creare campi energetici
autonomi, nuovi codici espressivi,
linguistici, immaginativi e, soprattutto, che
sia esercizio di verità, che cerchi l'anima
all'interno delle parole. Una poesia non
della disfatta o del ripiego, una poesia
della resistenza, invece, che si faccia
interprete problematica dello scenario
sociale del nostro tempo, non per descriverne
le dinamiche, ma per rielaborarle secondo
procedimenti simbolici. Una lingua che sappia
guardare negli occhi la profonda realtà
dell'essere, una lingua consapevole, non
usurata, una lingua che evolve, che nasce da
attriti, da forti emozioni, che insemina se
stessa mentre sta per morire, che tenta
l'apnea finché ritrova più forte in
superficie il suo respiro. A una lingua così
non occorre che un sorso d'aria per
restituire metri cubi di ossigeno! Ciò
implica la presenza di un soggetto attivo, un
soggetto che si metta in gioco, che ribalti i
paradigmi dell'ovvio, del conformismo di
routine, che sia esente dalla vacuità del
poetese mediatico oggi imperante, che
inserisca una nuova chiave nella fisionomia
della realtà sensibile. Vediamo invece con
immenso rammarico, che ciò che a conti fatti
viene messo in sofferenza è proprio il
linguaggio poetico, non solo dal sistema
mercantile - che in fondo tale è il suo
mestiere - ma dai circuiti stessi del mondo
della cultura, da chi per istituzione
dovrebbe tutelarne la salvaguardia per noi
stessi e per altri che verranno. Ciò che
serve, a mio avviso, è cercare di mantenere
salda e, talvolta di recuperare quella che
sentiamo ci riguardi per tradizione, e cioè:
una coscienza etica dell'arte nelle sue
diverse accezioni pluridirezionali; ciò che
serve credo sia la volontà di porci come
differenza sostanziale, problematica e
intensamente antagonistica rispetto alla
uniformità globalizzata. Di contro trovo,
dispiace dire, oltremodo avvilente il diffuso
atteggiamento pessimistico di alcuni o dei
tanti che si sentono in dovere di proclamare
sentenze funebri sulla poesia, in omaggio a
certe tendenze oggi in voga e, in tale
direzione essi - quali rami prosciugati e
spenti - ci marciano. Sostenuti,
egregiamente, dalla moda del momento, serva,
come sappiamo, di un consumismo comunicativo
rapido e sommario. E sono gli stessi che si
ostinano a non voler capire che la poesia non
ha intenzione alcuna di morire: è il suo
potenziale energetico presente nel fondo del
suo DNA che lo impedisce!
[Marisa Papa
Ruggiero]
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