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L'area di Broca

Poesia XXI
cinque domande per provare a capire
cos'è, dov'è, dove va la poesia
in questo inizio di XXI secolo?

Lorenzo Spurio: "Prenderò in esame..."

Oralità, scrittura, virtualità: come interagiscono i differenti canali nella realizzazione del testo poetico?

Prenderò in esame i tre aspetti evocati nella domanda analizzandoli uno per uno dicendo sin da subito che essi sono determinanti e ineluttabili nella poesia odierna. L’oralità è la base della poesia giacché essa nasce unita alla musica, essa veniva eseguita pubblicamente nella forma del canto, infatti essa dagli albori aveva una funzione sociale-pedagogica nonché d’appartenenza identitaria e nazionale (si pensi alle gesta, ai cantares dei vari conquistatori, resi in chiave epica). L’oralità – che è la caratteristica dominante di tutta quella poesia popolare (dialettale e non) – ha rappresentato nel percorso storico anche un problema che in molti casi non ha potuto essere eluso perché, essendo in passato e in contesti a noi non lontani la poesia impiegata in forma esclusivamente orale e tramandata per mezzo di ricordi, in alcuni contesti ha subito un procedimento di trasformazione, ibridazione e in molti altri di oblio. I poeti dialettali di inizio secolo scorso erano soliti recitare le loro liriche nelle osterie, al porto, e nei vari punti di ritrovo con gli amici; tali testi sono poi stati tramandati da qualche cultore locale o dai discendenti e conservati in pubblicazioni cartacee ma nella maggior parte dei casi sono andati perduti. Gli studi di carattere demo-etno-antropologico lavorano anche in questo senso, cercando di recuperare reperti da conservare e studiare per meglio conoscere e definire una determinata realtà locale, linguistica, territoriale. Oggi gran parte della poesia è orale: si legge ad alta voce, si fa performance nei poetry slam e negli open mic, si declama nei concorsi, viene interpretata e recitata da attori, viene esaltata e rappresentata filmicamente nelle video-poesie etc. L’oralità la fa democratica e la rende epidittica: ne consente un’appropriazione allargata, condivisa e popolare della stessa. Basti pensare che spesso le poesie che vengono presentate nei poetry slam nascono in forma estemporanea sulla carta, abbozzate velocemente, costruite in maniera sperimentale come prove e poi animate e rese corpo nella loro esecuzione. L’oralità della poesia d’oggi non è funzionale, come avveniva in passato, alla sua trasmissibilità nel tempo, piuttosto alla sua esigenza di farsi viva tra la gente, di essere fruibile indistintamente a tutti, di presentarsi come convivio, spettacolo, recital: la parola si trasmette in maniera contagiosa tra il pubblico che, reattivo e coinvolto, diviene esso stesso parte dell’atto performativo, com’è proprio del poetry slam, questa forma espressiva poetica ideata da Marc Kelly Smith che non rappresenta un genere e che ha una caratura trasversale, travalicando ruoli, legami e forme stilistiche fisse.
   La scrittura risulta importante se teniamo in considerazione che annualmente, in Italia, vengono pubblicati (in cartaceo) circa 62.000 libri, di cui una fetta considerevole di genere poetico. Questi numeri non stanno a rappresentare la totalità dei libri che vengono effettivamente scritti dato che molti autori, per le più varie ragioni – tutte rispettabilissime –, preferiscono tenere nel cassetto le proprie produzioni. Dunque, esistono molti libri scritti che non sono stati pubblicati, e che forse non lo saranno mai: sono libri che esistono e che non conosciamo ma che, pur nella loro forma ectoplasmatica, contribuiscono ad implementare quell’immenso catalogo librario che è fonte inesauribile per la nostra conoscenza. Va da sé che nell’immenso catalogo di cui si parla c’è di tutto e dunque il ruolo dell’estimatore attento, del critico onesto e inflessibile, si rende necessario – anzi doveroso – nel fornire considerazioni esegetiche atte a svelare la validità del libro o, al contrario, la sua vulnerabilità o sciattezza. La scrittura è valvola di sfogo, bisogno ricorrente, stato di volontà, ricerca personale, forma terapeutica, desiderio di scoprirsi e necessità di svelarsi oppure tutto questo insieme oppure niente di tutto ciò. Tuttavia, come ebbe a dire Iosif Brodskij, "In poesia non basta che un verso abbia senso. Deve anche produrre un evento estetico". La proliferazione di case editrici di media-piccola grandezza, accessibili per condizioni economiche e contrattuali ai più, mostrano la grande (e inarrestabile) diffusione di testi poetici; il problema – che chiamerebbe in causa altre precisazioni e necessiterebbe anche di dati empirici – è che la poesia non ha mercato e, non vendendo, spesso la scrittura personale di chi decide di pubblicare (e, dunque, rendersi disponibile a un pubblico) resta invenduta, non letta, mera velleità dello stesso autore che compra per sé qualche copia del volume per regalarlo a qualche amico dal quale non potrà che derivarne un commento osannante quando non oltremodo lusinghiero sotto ogni angolatura.
   Il tema della scrittura, che si sposa a quello dell’oralità sopra enunciato, risulta nevralgico sotto ogni approccio di chi è in qualche modo involucrato nell’esigenza di ampliare la sua cultura: dalle elementari ci si forma sugli abbecedari e sussidiari che sono testi scritti, si passa poi a veri manuali di studio che, nello sviluppo della formazione, vengono affiancati anche a dizionari, testi specialistici e tanto altro ancora; i Sacri testi delle religioni sono scritti; i manifesti d’avanguardia, i proclami ideologici, le carte costituzionali degli stati, gli accordi economico-finanziari e, ancora, i documenti contrattuali sono scritti. Tutta la cultura dell’uomo, da quella umanistica a quella scientifica, da quella tecnica a quella finanziaria, ha necessità di basarsi su forme scritte del pensiero, dello studio, dei dettami che descrivono gli archetipi di ciascuna dottrina. La poesia è una forma espressiva che può trovare forma, come si è già visto, in svariati modi: dalla sua recitazione e interpretazione linguistica (dove pure il fenomeno va trattato con attenzione per ciò che concerne la traduzione e l’interpretariato), alla mimica gestuale (si pensi alla poesia segnata per i non udenti con la LIS, per la quale vorrei ricordare la notevole figura del prof. e poeta Renato Pigliacampo), alle forme sincretiche che sono visive, sonore, materiche e tanto altro ancora. Non è più possibile, nell’età nella quale viviamo, pensare di concepire la poesia – o la letteratura in generale – come mero testo scritto. Lo è, ma deve avere risonanza e diffusione in modi, forme ed ambienti, che ne diano la vita propria del testo mediante linguaggi espressivi altri, atti a rappresentarla e vivificarla.
   Passo a completare la risposta aggiungendo qualche considerazione in merito al concetto di virtualità. Pur esistendo e proliferando la poesia nelle sue forme orale e scritta, come già delineato, non va fatto l’errore di non considerare un nuovo mezzo di trasmissione che è quello virtuale, del Web 2.0. Fanzine, riviste digitali e online scaricabili gratuitamente o consultabili su abbonamento, siti specializzati, blog, collettivi digitali e tanto altro ancora (in aggiunta alle pagine dei Social Networks) consentono in maniera efficace e simultanea la pubblicazione e la circolazione di proprie opere singole o collettive (libri in e-book). Se, da una parte, questo sistema permette di abbattere lontananze, tempi e costi e dunque è lodevole, non mancano problematiche diffuse, più volte messe in luce anche da editori e operatori del settore, in merito alla tutela e conservazione dei diritti d’autore di chi pubblica in rete sue opere. Casi di plagio, di violazione di norme d’uso, di contravvenzione delle norme di tutela della privacy sono, infatti, risultati molto diffusi; si consideri che anche nei concorsi letterari (ne ho conoscenza diretta essendo da anni in varie giurie di premi nazionali) si sono riscontrati casi di questo tipo, smascherati più o meno velocemente ricorrendo allo stesso mezzo internet che, paradossalmente, ha permesso agli autori-spavaldi di mettere in piedi il furbesco "copia-incolla" e "taglia e cuci" poesie d’altri, ad uso e consumo. Per tali ragioni sono convinto che il web debba sempre essere impiegato nel giusto modo e consiglio spesso di evitare di inserire proprie opere, soprattutto se inedite, in rete. Ci saranno tra i nostri lettori, estimatori sinceri, amici che ci commenteranno in maniera positiva ma chi può scongiurare l’ipotesi che, dinanzi a una poesia particolarmente d’impatto e toccante, qualcuno non possa pescare versi e farne poi costruzioni proprie?
   Esistono poi anche esperimenti poetici che si nutrono di virtualità al punto di sovvertire la normale base fondativa della poesia che dovrebbe essere l’ispirazione: potrei citare anche lo sperimentalismo dello zapping-poetry che produce esiti insoddisfacenti quando non del tutto frustranti. Si tratta, in questo caso, di derive poco felici – a mio vedere – della poesia. E' interessante che la poesia da mezzo comunicativo polimorfo e anfibio si relazioni ai codici post-postmoderni della nostra realtà spasmodica (la stampa con la sua cronaca urlante, la tv, la rete internet) ma credo anche che i codici espressivi debbano trovare una certa concordia ed empatia, proprio come testo e musica avevano nell’esecuzione vocale di testi nell’antichità. Il mezzo tecnologico, frutto del progresso, deve rimanere elemento di veicolo del testo e non soppiantarsi, con le sue peculiarità di funzionamento, alla complessità, plurivocità e liricità della poesia. Spesso, nell’impiego di tali mezzi comunicativi, si perde la metafora, l’assonanza di significati, i sistemi retorici, il doppio-linguismo, i riferimenti colti o i camei che andrebbero colti e sviscerati in termini critici.

[Lorenzo Spurio]