Paolo Carnevali
La
mia collaborazione con la rivista "L'Area di Broca" è tardiva, nasce da
un ritorno. Dopo una vita girovaga, fatta di continui spostamenti. Un
giorno ho incontrato Mariella Bettarini: parlammo molto ricordo, seduti
attorno a quel tavolo rotondo con caffè e biscotti Walter's portati
dalla Scozia. Il tavolo delle riunioni di redazione. Parlammo
soprattutto del passato e delle nuove forme di comunicazione
letteraria, di un mondo globalizzato, ma dall'aspetto solitario,
narcisistico, sempre più in contrasto con la storia della rivista.
Al termine di quella lunga chiacchierata, mi propose di
collaborare ed entrare in redazione. Fui grato. Pensai che anche la
sorte crea legami e i ricordi spesso rappresentano luoghi mentali dove
si drammatizza ciò che muore e il tentativo di recuperare un passato
che aveva prodotto dialogo letterario. Mariella aveva ancora una certa
influenza negli incontri redazionali, viveva in opposizione un certo
modo di interpretare il mondo della poesia. Comunicava il senso della
responsabilità nel tempo del cambiamento. Entrato in redazione,
percepii quella mancanza di unione collaborativa, le battaglie verbali,
la presenza di poeti come Gabriella Maleti, Attilio Lolini di cui sono
stato amico, Silvia Battisti con la quale partecipai ad una lettura di
poesie alle Piramidi Ostiensi a Roma, ricordo c'era anche Valentino
Zeichen...
In queste ultime riunioni c'era un'ostinazione verso un
nuovo cambiamento di comunicazione, percepivo che l'avventura della
rivista non aveva futuro e al tempo stesso ammiravo la forza di una
rivista che continuava nel suo stile consolidato da cinquanta anni. Una
tra le più longeve nel panorama letterario. Posso dire di essere
orgoglioso di avere partecipato alla testimonianza in questo lungo cammino.
_____
Roberto
Mosi
Può continuare la sua corsa il “Treno
express” del futuro? - Sono entrato a fare parte della redazione
de “L’area di Broca” quattordici anni fa, al momento in cui la rivista
invitava i lettori interessati ad inviare il loro contributo letterario
sul tema del “Futuro”. Mi sorprese l’introduzione che Mariella
Bettarini propose agli amici della redazione, davanti al grande tavolo
quadrato del salotto della casa di via San Zanobi, pieno di fogli, di
libri, delle tazzine da caffè, dei vassoi per i biscotti.
All’inizio dell’articolo figurava la celebre frase
di Ernesto Balducci: “Il futuro ha un cuore antico” e poi: “Futuro.
Quale futuro? Quale sarà il nostro futuro? (Individuale? Collettivo?
Generazionale senz’altro, se è vero – com’è vero – che ogni generazione
ha molto più o meno futuro rispetto alle generazioni precedenti e
seguenti). Domande. Interrogativi. Questioni. Rovelli. Inquietudini e
di certo ansie sempre, ma specialmente, particolarmente in un tempo
come questo, carico – sovraccarico, anzi – di problemi internazionali e
personali, etici e politici, ambientali e culturali, economici ed
esistenziali, e via di seguito.”
Presentai in questa occasione un componimento dal
titolo “Futuro express” (“L’area di Broca”, n. 96-97, p. 10), dedicato
ad un treno in partenza, dipinto con i colori dell’arcobaleno, diretto
verso il domani fra mille dubbi e indecisioni dei passeggeri.
Da quel primo incontro, non sono mai mancato a
nessuno degli appuntamenti mensili, intorno a quel grande tavolo
quadrato, ai lavori, ai dibattiti per la preparazione dei numeri
successivi – fra gli altri, “In rete”, “Mediterraneo”, “Solitudini”,
“Paure”, “Moltitudini”, “Conflitti” - fino al varo dell’ultimo numero
dal titolo “Digitale”, dopo un affascinante approfondimento, con vari
contrasti, nell’ambito della redazione.
Del periodo trascorso, ricordo con particolare
piacere l’impegno per celebrare i quaranta anni di vita di “Salvo
Imprevisti” e de “L’area di Broca”, e soprattutto la riunione, in
particolare, che si tenne nella Biblioteca del Palagio di Parte Guelfa,
Sala dei Consoli, l’8 marzo 2014, con la partecipazione, dei redattori
e del pubblico che seguiva la vita della Rivista; alla fine dalle
scale di accesso alla biblioteca furono letti testi poetici davanti ad
una piccola folla in ascolto nella piazzetta di Parte Guelfa. Una
immagine rende ancora vivo il ricordo: la foto nella quale appare
Gabriella Maleti alla balaustra delle scale che legge con forza, in
maniera incisiva, appassionata - il braccio alzato e la mano
leggermente piegata come ad accarezzare un pensiero – poesie
dall’ultimo fascicolo della Rivista.
Mi piace poi ricordare di questo periodo
l’intervista a Mariella, pubblicata da “Testimonianze” (n. 492/493
2013, pp. 176-204), con il titolo Mariella Bettarini, «Salvo
imprevisti» e «L’Area di Broca»: far poesia sognando un mondo più
giusto; nel commento della redazione si legge: “I quarant’anni di una
ricca esperienza letteraria e culturale sono raccontati da una delle
fondatrici, Mariella Bettarini, della rivista che è stata ed è un punto
di riferimento e che continua a dare il suo contributo anche per
superare quel distacco tra politica e cultura, tra poesia e società che
spesso si presenta oggi come incolmabile”.
L’ultima domanda dell’intervista riguardava appunto
la distanza fra poesia e realtà sociale, la sensibilità dei giovani di
oggi per il mondo della poesia. Mariella rispose con viva
partecipazione al tema: “Domanda, domande assai “tormentose”,
complesse… Sì, è vero: c’è ormai un enorme, “epocale” (come
direbbe padre Ernesto Balducci), forse incolmabile distacco tra
politica e cultura, tra poesia e società. Ci si chiede che cosa può
fare una rivista come “L’area di Broca”. Direi, senza infingimenti e
con dolore, praticamente quasi nulla. O forse nulla del tutto… Eppure,
eppure credo, crediamo ancora che non sia giusto cedere ad un totale,
irrecuperabile pessimismo. Credo, crediamo che forse non è ancora tutto
perduto. Magari sono un’inguaribile ingenua, siamo inguaribili
“idealisti”. Eppure bisogna tentare di non disperare, anche se i
cosiddetti “segnali” di ripresa sono davvero scarsissimi e quasi
spenti. E tuttavia, se non sarà certo la poesia a “salvare il mondo”,
se alcuni giovani - che ancora seguono, scrivono, amano in qualche modo
la poesia – non saranno coloro che determineranno un cambiamento, credo
che i forti IDEALI di cui la letteratura, la poesia (degne di questi
nomi) sono portatrici contribuiranno ad un rafforzamento degli IDEALI
di eticità e di cooperazione, di giustizia e di condivisione tra gli
abitanti della Terra. IDEALI che dovranno divenire FATTI
CONCRETI, frutto di appassionato Pensiero e di approfondito uso della
Parola, ossia frutto di CULTURA come indispensabile complemento e
compendio di quei civili, etici Ideali”.
Sono tutti questi momenti importanti di amore per la
poesia, per la letteratura, pieni di amicizia, di scambi preziosi di
idee e di solidarietà, che ricordo con nostalgia e mi portano a
coltivare la speranza che la Rivista, superando le forti difficoltà del
tempo presente, riprenda il cammino, avanzi verso nuove mete, raggiunga
nuove stazioni come quel treno “Futuro express” di cui prima
si parlava.
_____ Rosaria Lo
Russo
Quando ho conosciuto
Mariella avevo sedici anni. La seguivo da prima, con reverenziale
distanza la seguivo già da un paio di anni, nelle sue letture
pubbliche, nel suo lavoro con “Salvo Imprevisti”. Mi sembrava un
miraggio. Erano i primi anni Ottanta, e decisi di inviarle le mie
poesie dattiloscritte, un piccolo gruppo di poesie che avevo già fatto
leggere al mio amato professore di italiano al Liceo Michelangelo. Dopo
qualche tempo, non molto, Mariella mi telefonò e prendemmo appuntamento
a casa sua, allora abitava vicinissimo a Ponte Vecchio. Lesse con me le
mie poesie, interpretò con me i suoi segni sui miei fogli – che per i
poeti giovani e inesperti sono quasi una profanazione -, e così mi
insegnò che la poesia è un lavoro, un lavoro collettivo, a più mani.
Che abbiamo bisogno degli altri. Che il poeta non deve essere
volutamente solo e che non è mai perfetto quel che si scrive, c’è
sempre ancora da scrivere e scrivere e riscrivere. Imparai quel giorno
che potevo condividere con qualcuno i miei pensieri e le mie sensazioni
profondi senza essere giudicata dall’alto, ma di fianco. Stavamo sedute
di fianco sul suo lettuccio singolo, lo stesso che ha usato tutta una
vita. Mariella Adolescente per sempre è la mia maestra di vita e di
poesia. Anche se siamo molto diverse di carattere è lei il mio modello
etico quando si tratta di confrontarsi con gli altri sulla poesia: cioè
ogni volta che ho a che fare con la poesia, con le traduzioni, con le
recensioni, con il dialogo fra amici. Dal rapporto con Mariella, e col
suo femminismo solare oltre che lunare, ho imparato che l’amicizia fra
persone è il valore più forte nella vita come nella poesia. Che non c’è
bellezza senza verità, non c’è politica senza anelito trascendente, non
c’è donna senza uomo e che donna e uomo sono semplicemente persone. Io
e Mariella, adolescenti per sempre, per sempre indifferenti ad ogni
convenzione sociale, culturale, politica. Perché le convenzioni sono
tutte opinabili, come le convinzioni. Perché si può essere comunista e
femminista e amare Gesù appassionatamente. Mariella è la persona più
onesta, buona e innocente che nella mia vita abbia avuto la fortuna di
incontrare. Ho avuto e ho tanti amici poeti tante amiche poete, ma
Mariella è un’amica, una mamma, una zia (quando ci scrivevamo le email
le mie iniziavano sempre Cara Mammazia…), un’anima apparentata alla mia
e a moltissime altre anime. Quanto mondo di ragazzini è stato iniziato
alla salvezza del libero esprimersi del libero amare dalla maestra
Bettarini tramite gli acrostici che segnavano il loro nome fra le
stelle giocose dei Cieli interiori. Mariella e la sua Fede dolce,
caritatevole, mai saccente, mai pretesca. La sua ingenuità abissale
unita a un’intelligenza rapida e stupita e gioiosa. Da quella prima
volta moltissime altre visite a casa di Mariella, di casa in casa. Da
qualche decennio sono la sua Rosellina, mi chiama così, ma non c’è mai
sdolcinatezza nelle parole di Mariella. L’ho amata come una madre,
festeggiata ogni volta che ho potuto, omaggiata di incontri pubblici
per i suoi Settanta per i suoi Ottanta anni, di letture, di
registrazioni dalle sue stupende, stupefatte Nuvole. Spero così di
averle in parte restituito il dono più grande che ho ricevuto da una
persona, che ho ricevuto da lei quella prima volta che ci siamo
incontrate: che si può vivere di poesia e per la poesia, senza curarsi
davvero di altro, lasciando che la vita accada, con l’alternanza delle
gioie e dei dolori accettati o festeggiate con pazienza o con un
sorriso, anzi una risata franca, sonora. E abbracci, accoglienza,
sempre e dovunque, anche nella casa dove adesso si trova.
_____
Michele
Brancale
C’è una linea di fondo
che accompagna la scrittura e
la promozione culturale di una persona generosa e riservata al tempo
stesso come Mariella Bettarini e credo di averla individuata nelle
parole con cui anni fa scrisse un’introduzione a ‘Il libro di Alice’
“nato come nascono i fiori, nascono i bambini, nascono le nuvole:
perché devono nascere. È nato per il bene di molti; per addolcire gli
amari e rafforzare i fragili, per rendere più leggeri i vecchi e più
bambini i bambini: per renderci tutti insieme un po’ più pazienti e
sapienti”. Qui c’è proprio Mariella, che coglie sempre la nascita e la
rinascita delle cose preservando questo sguardo innocente e per questo
salvifico: è un movimento che fa uscire da sé. Già nel ’69 scriveva che
“è bene guardare il movimento / anche dal fondo di un letto”. E’ la
filigrana che fa superare le ferite, è il filo d’oro che ha
accompagnato il legame con Gabriella Maleti e la sollecitudine
personale con tanti. Nel mondo “sempre messo a morte”, c’è un filo da
tessere: in ogni stagione e soglia di tempo. C’è una grazia
sorprendente per chi sa coglierla e accoglierla: “Parola che nel
silenzio/ torna a visitarmi, quando gli altri/ non pensano più
niente.../”. Parola che supera la “trama delle ortiche”. Ma c’è
un’altra parola da destinare a Mariella ed è “gratitudine”: per avere
dato voce ad altri, per avere raccolto tanti che con lei hanno fatto
uscire le loro ricerche dai cassetti dove, in molti casi, sarebbero
rimaste. ‘Salvo imprevisti’, poi ‘Area di Broca’, è stato un vero e
proprio arcipelago in cui tanti hanno potuto navigare da poeti e da
narratori e, spesso, da amici. E’ stato un segno di quella
“cooperazione culturale” che Mariella ha sempre coltivato opponendola
alla “città che parlotta”. Meglio quell’incanto fonico che dona la
sosta e il ripensamento: “[…] e tu passi e non passi – non passi mai –
non passi/ più – non hai più passi per passare di qua/ e tuttavia
sapessi come stai – come permani – come/ non passi – come/ non finisci
mai d’essere – di passare”. Viva Mariella.
_____
Luciano
Valentini
Dopo mezzo secolo - A
Firenze, la via di Borgo Santi
Apostoli, dove, al numero civico 4, si trovava l’abitazione di Mariella
Bettarini, è vicino all’Arno e al Ponte Vecchio; parcheggiavamo
l’automobile in Piazza Pitti davanti al Giardino di Boboli: eravamo tre
o quattro poeti senesi. Insieme a me c’erano Attilio Lolini, Roberto
Gagno e talvolta la moglie di Attilio, Loredana (Lory) Montomoli.
Camminavamo lentamente tra la gente che affollava Ponte Vecchio prima
di arrivare all’abitazione di Mariella.
Mi ricordo le scale buie, la porta a cui suonavamo il campanello. La
redazione di “Salvo Imprevisti” si riuniva in una piccola stanza
ricolma di libri. Ci sedevamo ad un tavolo, mentre Mariella preparava
il caffè per tutti. Silvia Batisti portava qualche dolcetto, qualche
biscotto.
“Salvo Imprevisti” era una rivista artigianale. Scriveva Mariella
Bettarini nel numero zero – di poesia e di lotta – di “Salvo
Imprevisti” del settembre 1973: ”...’Salvo Imprevisti’ sta chiarendo il
senso e la necessità del proprio esistere più nella direzione della
‘lotta’ che in quella, pure e semplice, della poesia…”. Nel precedente
numero “unico”, Luciano Cherchi aveva parafrasato Proudhon chiedendosi:
“Che cosa è la poesia?” e rispondendosi: “La poesia è un furto.”
Mi ricordo che entrai in redazione nel maggio 1974. Talvolta, dopo la
riunione di redazione, andavamo a far cena in qualche ristorante nei
lungarni. Poi ritornavamo in Piazza Pitti per prendere l’automobile e
ritornare a Siena. La superstrada del Palio era buia ed io ero stanco,
ma accompagnavo Attilio e Lory alla loro abitazione nel quartiere di Ravacciano.
_____
Aldo Roda
Vieni al giardino
della Lavanda selvatica
dove tutto cresce
spontaneo.
Troverai attimi
in sospensione
senza limitazioni
di forme.
Dettagli di fiore
ti appariranno
luoghi incolti
dove tutto
assumerà
altro
aspetto.
_____
Maria Grazia Cabras
Del tempo presente
- Sono tuttora
immersa nella dimensione poetica, culturale e umana che ha
caratterizzato la mia esperienza di redattrice della rivista L’area di
Broca, iniziata nel 2007, anno in cui ho avuto la fortuna e il
privilegio di conoscere Mariella Bettarini e Gabriella Maleti, e sono
entrata a far parte della Redazione.
Un incontro di grande, reciproca empatia, che partecipa del presente in
maniera profonda; decisivo per il mio percorso di scrittura.
La Rivista, autofinanziata, costituiva / costituisce uno spazio di
libertà e di esercizio dello spirito critico, presupposti
imprescindibili per cui ogni redattore / redattrice si assume la
responsabilità dei propri testi e della valutazione dei testi altrui,
rispetto ai quali l’opinione della maggioranza è determinante.
Per scrivere parole
significanti riguardo a questi anni, dovrei
considerare compiuto un itinerario, vivere il giusto distacco, abitare
una lontananza prossima al lutto, elaborare il senso della
perdita.
Dovrei trovarmi in una condizione psicologica di piena intimità con i
tempi verbali del passato,
rammemorare percorrendo un nóstos,
accogliere inquietudini e nostalgia.
Ma il tempo legato all’interiorità segue oscure vie; è un tempo
espanso, un tempo altro.
Intanto, il cuore più luminoso di questo lungo viaggio si nutre di
quella “interrogante” libertà originaria che continua a esprimere sé
stessa oltre costrizioni e confini, custodendo soglie di
inaccessibilità nella vastità di un “sentire” aperto a smarrimenti, che
non si lascia circoscrivere.
Sento che la mia esperienza non appartiene al passato, ma è passaggio,
nuovo inedito paesaggio. Mariella è tra noi; noi, redattrici e
redattori siamo in vita e vitali: scaviamo parole, inseguiamo
visioni.
Gabriella insieme a Lapo, talvolta, mi viene a trovare in sogno.
Nota: Lapo e
Tommy, amati “cagnoloni” di Gabriella e Mariella (nonché redattori
della Rivista). Lapo ci ha lasciato da diversi anni, Tommy sta bene, è vivace.
_____
Loretto Mattonai
Area
degli imprevisti
Un orizzonte eclettico non ha altra materia:
quaggiù portano i giorni memorie della rivista che fu,
quel che rischiara appena un’alba che reca penuria
e non serve cambiare ( le notti non saranno di più )
Lontane le guide, ripensando
a un certo non so che della fortuna,
sparuti sin qui pochi pensieri
brancolano d’un tratto, al tatto
procedono incespicando sopra
i resti di te, gli avventurieri
Nelle stanze liquidi scritti di luce
( ignori se dalla pioggia o dal sole in menù )
e nel rigoglio sui tappeti di un muschio dorato
con sulla schiena il soffitto guarderai in su
Notarella - Tardo
autunno dell’anno 1984; nel corso di un dialogo con Walter Siti
all’Istituto di Lettere Moderne dell’Università di Pisa, una mia
domanda ( se conoscesse scrittori o editori toscani cui proporre la
raccolta di versi di un esordiente ) ricevette risposta positiva: a
Firenze viveva Mariella Bettarini, poetessa apprezzata, persona di
indubbia onestà intellettuale, tanto giustamente severa nel valutare
l’altrui scrittura quanto disponibile a farlo.
Fu così che nel Marzo successivo potei conoscere Mariella, in Borgo SS.
Apostoli, e poco dopo l’amica Gabriella con i redattori della rivista
“Salvo Imprevisti”: uno di quegli incontri che, più che cambiare la
vita, la aprono alle molte vie della Poesia.
_____
Anna Santoliquido
Dal Sud un
pensiero per Mariella - La poesia cerca la verità e l’armonia. Fruga
nell’universo, nel caos e nel granello di sabbia per trovare schegge di
senso e costruirsi un cammino. Mariella Bettarini, l’amica di una vita,
conosciuta agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, è tra gli
intellettuali che hanno segnato il cambiamento nella poesia italiana,
con quel “connubio di sentimento e intelletto, passione e ragione,
corpo e testa, cuore e psiche” come lei auspicava che accadesse nella
scrittura in versi. Ci siamo incontrate più volte, a Bari, a marzo del
1988 per il Convegno Nazionale “Donne e Poesia”, e a Firenze, con
Gabriella Maleti, Margherita Guidacci, Paola Lucarini e altre poete.
Generosa e lungimirante, ha dato un forte impulso all’organizzazione
culturale, al femminismo e al sociale, raggrumando intorno a sé, alle
riviste «Salvo imprevisti» e «L’area di Broca», alla casa editrice
Gazebo, persone creative di diversa formazione e appartenenza
geografica. Notevole la sua attenzione all’altro e soprattutto alle
giovani leve. Mi ha onorata spesso dei suoi impareggiabili giudizi
critici. Cito per tutti lo scritto apparso sulla silloge
Decodificazione del 1986 e l’intervento sulla rivista «Poesia» del
maggio 2000, con la pubblicazione di tre miei testi inediti. Gli
impegni scolastici e culturali mi hanno impedito di rispondere come
avrei voluto agli inviti a collaborare alle prestigiose riviste da lei
dirette, dove pure ho firmato qualche intervento. Tuttavia resto fedele
ai suoi insegnamenti, alla sua parola accogliente, alla sua severità
intellettuale. E alla gioia di aver conosciuto, suo tramite, la
straordinaria mamma Elda.
_____
Massimo Mori
Nel fare poesia con
Mariella Bettarini - Certamente lo stato di salute di Mariella sta a
cuore di tutti noi ed auguriamo di poterci trovare ancora con lei.
L’evenienza in atto mi fa comunque condividere la chiusura di "L’area
di Broca"; come l’assicurare un tesoro nel suo contenitore. Ciò
permetterà a futuri studiosi, con il rigore e gli strumenti adeguati,
la divulgazione ulteriore nel tempo dell’importanza della rivista,
affiancata alla miglior tradizione dei periodici fiorentini di
letteratura.
Due sono state per me le stagioni di riferimento nel "fare poesia" a
Firenze: quella di "Ottovolante - circuito di produzione di poesia"
negli Ottanta e poi quella degli "Incontri Letterari" al Caffè storico
delle Giubbe Rosse che ho curato per ventiquattro anni dal 1989 al
2013. Per la prima stagione nel libro Il Circuito della Poesia
(Manni, 1997) ho più volte riportato, in oltre quattrocento pagine, il
formidabile contributo di Mariella e di "Salvo Imprevisti" a quella
"poesia nel sociale". Quando nel 1983 decisi di fondare Ottovolante i
primi referenti ed aderenti all’iniziativa furono Franco Manescalchi e
Mariella Bettarini. Per la seconda stagione, quella degli Incontri alle
Giubbe Rosse, sta per essere edito il libro Assolo Corale
(Florence Art Edizioni) dove passo in rassegna più di cento eventi e si
incontrano oltre mille personaggi, di quella ormai definita "la
stagione della intermedialità" allo storico caffè letterario. In questo
vasto affresco emergono diverse figure dei più importanti autori
dell’area fiorentina, e non solo; tra questi si staglia il ruolo di
Mariella e dell’"Area di Broca" che nel ’93 succedeva a "Salvo
Imprevisti" e veniva presentata alle Giubbe dai suoi redattori. Chi lo
desidera troverà nel volume tanti Incontri fatti con Mariella e molti
altri poeti che con lei hanno collaborato, come Gabriella Maleti.
All’inizio di Ottovolante Mariella viveva nei pressi di Ponte Vecchio,
ma da molti anni ormai la sua abitazione è in San Lorenzo dove anch’io
mi ritrovo. Nella dimensione del Quartiere tutti conoscono Mariella e
chiedono di lei. Questa dimensione "umana" del vivere semplicemente ed
alacremente di Mariella ne fa un personaggio che va oltre la dimensione
limitatamente "letteraria" e la pone tra i più rimarchevoli
intellettuali e poeti della nostra contemporaneità. I vettori di questa
dimensione sono meritatamente stati "Salvo Imprevisti" e "L’Area di
Broca". Complimenti ai redattori di queste riviste che entrano
definitivamente nella storia.
_____
Ivan Pozzoni
La distinzione
deontologica tra Besorgen e
Verstehen
L’urgenza è di dividere l’intervento in due.
1. Il Besorgen di Mariella Bettarini. Prendersi cura
dell’altro: Mariella cercava di prendersi cura di me, artista allo
stato nascente, da lei apprezzato. L’apprezzamento era reciproco: io -
a differenza del suo disgraziatissimo errore - fui un vero direttore di
collane e di riviste: un conducator. Io - contro ogni
valutazione di redazioni incompetenti - inserii Mariella in rivista (L’arrivista
e Il Guastatore) e nella maggiore antologia d’inizio
millennio Tardomoderni. Rassegna della maggiore poesia
contemporaneissima (Liminamentis, 2015), creata sotto incitamento,
intellettuale e finanziario, del compianto Alfredo De Palchi e
silenziata - come ogni altra mia iniziativa - dalla critica letteraria
egopatica ed egolatrica dei falliti della Generazione X e Y. Bettarini
è in compagnia dei grandi artisti d’inizio secolo: Angiuli, Bertoni,
Nove, Pardini, Linguaglossa, Damiani, Dal Bianco, Neri, Attolico,
Alaimo, Rondoni, Fresa, Recalcati e altri trenta artisti. Mariella
Bettarini c’era. Per decisione mia, c’era, Il conducator. E
ci sarà. Non appena la critica letteraria smarrirà il suo
«cartesianesimo estetico», un ricercatore «alieno» dall’influsso
dell’ontologia estetica moderna riscoprirà la mia attività tardomoderna
di catalogatore letterario e scoprirà la ripetizione recidiva meritata
del nome di Mariella Bettarini.
2. L’area di Broca chiude. Finalmente! Pozzoni bestemmia in
chiesa. Con Mariella Bettarini ci fu uno scambio reciproco di
apprezzamenti. Negli ultimi dieci anni tentò, in ogni modo, di
introdurre i miei «frammenti chorastici», le mie «anti-poesie» e i miei
riot-texts ne L’area di Broca. «Per
me sono originali, sovversivi/eversivi, d’opposizione. La redazione
difficilmente li comprenderà», scriveva Mariella, con tono
dispiaciuto. Le risposte redazionali erano democristiane -
come le risposte della redazione di Atelier - in stato di non-Verstehen,
di incompetenza assoluta a capire il nuovo, «i testi non sono adeguati
alla linea editoriale (?!?) della redazione». E, dieci minuti dopo, i
medesimi testi erano inseriti, senza intercessioni redazionali di
stampo novecentesco, direttamente dai direttori di rivista in Grecia,
Albania (l’amico Kadare), Macedonia, Russia, Belgio, Svizzera, Kosovo,
Croazia, Serbia, Francia, Spagna, Portogallo/Brasile, stati balcanici,
baltici, USA, Congo e in altri cento network internazionali, fino a
Baku e Tblisi. Le «piccole» riviste italiane di regime, L’area di
Broca, Atelier, Anterem, niente; le «grandi»
riviste italiane di regime Poesia, Hebenon, Nuovi
Argomenti, nemmeno degnano la risposta. Nel frattempo, vinco un
Raduga, menzione critica del Montano, entro nell’Atlante dei poeti
italiani contemporanei, sono ospite fisso di Gradiva,
vendo 850.000 copie dei miei volumi all’estero. Le riviste italiane di
regime, fondate sulla dittatura della redazione, con direttori deboli o
intenti a fare maneggi, tipica dell’ontologia estetica moderna,
continuano a ignorare artisti internazionali d’opposizione e danno
spazio - secondo una brillante definizione di Giorgio Linguaglossa - ai
«poetini» lirici, sconosciuti ai network internazionali e
sconosciuti anche ai vicini di casa. Gli ultimi venti numeri de L’area
di Broca danno spazio a una frotta di «poetini» lirici,
dimenticati da tutti nel 2024, e a due/tre «poeti» lirici. Benvenuta la
chiusura de L’area di Broca! Attendiamo, festosi, con il Kolektivne
NSEAE la chiusura di Atelier, Anterem, Hebenon,
Poesia e Nuovi Argomenti. W la Geworfenheit!
_____
Angelo Australi
Fruzzicare il
terreno - Per raccontare un legame di amicizia, quando è
possibile si parte dalla corrispondenza. Così ho verificato fra tutti i
miei documenti quando e come ero entrato in contatto con Mariella
Bettarini e la Redazione di Salvo imprevisti. Il come lo
ricordo bene, perché avevo acquistato alla Feltrinelli di Via Cavour un
numero di Salvo imprevisti dove era pubblicato il testo
integrale dello spettacolo La Società Monte Amiata (Da Davide
Lazzaretti all’EGAM), scritto e messo in scena al Club ‘71 di
Abbadia San Salvatore dal collettivo redazionale della rivista. Me lo
ricordo così bene perché è stata la prima volta che ho letto qualcosa
che riguardava da vicino il profeta dell’Amiata, personaggio
del quale mi sono davvero incuriosito fino a leggere per diversi anni
tutto quello riuscivo a trovare in libreria. Era il numero 11, uscito
sul finire del 1977, che io comprai l’anno successivo. La lettera di
Mariella Bettarini, datata 28 agosto 1979 (quindi presumo di averle
scritto tra la fine del 1978 e i primi mesi di quell’anno), oltre a
scusarsi del vergognoso ritardo con il quale rispondeva alla mia,
invitava ad incontrarci nella sua casa di Borgo Santi Apostoli, per
parlare e conoscerci.
Cinquant’anni sono tanti, per ricostruire tutte le occasioni di
collaborazione che mi sono state offerte ho messo sottosopra mezza
casa. Miei racconti sono usciti su entrambe le testate (Salvo
Imprevisti e L’area di Broca), e anche qualche poesia,
io che ne ho scritte così poche e di scarso valore. A cominciare da
quell’Usignolo di Provincia pubblicato nel numero 27/28 di Salvo
imprevisti della primavera del 1983, dal tema Narrativa/Narratori,
dove c’era un’intervista di Roberto Barzanti a Romano Bilenchi che di
lì a pochi mesi cominciai a frequentare. Anni e incontri importanti,
quando ho preso coscienza che la letteratura ha un suo punto di vista
sul mondo, che quindi è importante, all’interno di questa formula
magica riuscire a immaginare un proprio modo di raccontare. La
scommessa sta tutta nel creare un rapporto di sincerità con quello che
si legge e si scrive, e penso che l’impegno di Mariella e delle
redazioni che si sono succedute nel tempo in entrambe le riviste sia
sempre stato aperto verso quelle nuove o antiche sensibilità che
sapevano fruzzicare il terreno, rivitalizzando dibattito e costume
culturale di una città come Firenze altrimenti terra di conquista di
un’idea antropocentrica nascosta dietro gli stereotipi di un turismo
scappa e fuggi. (Agosto 2024)
_____
Valerio Vallini
Mariella,
un’amica nel mondo difficile dei poeti - Fu Paolo Marini,
manager della Galleria l’Indiano a Firenze, a presentarmi Mariella
Bettarini. “Un poeta che legge i poeti”- aggiunse con un semiserio
sorriso. E Mariella lesse un mio dattiloscritto che comprendeva versi
scritti negli anni Settanta. Lei che aveva inventato la rivista "Salvo
Imprevisti" dove campeggiava sul frontespizio una mano operaia e la
scritta “Quadrimestrale di poesia e altro materiale di lotta”. Lei non
rifiutò i miei versi “borghesi” ma li accettò senza censure. Non starò
qui a dire dei grandi meriti poetici di Mariella dal primo Il
pudore e l’effondersi alle successive prove, cito Vegetali
figure, che le valsero, fra l’altro, una prefazione di Mario Luzi
di cui era lusingata e orgogliosa. Bella davvero quella poesia dove
l’amore è declinato in tutte le sue variazioni e conclude “quando un
amore è stanco di essere un amore/ si dice di lui/ che è diventato
odio./ Invece è amore impaurito/ come l’aceto non è aceto/ ma vino
malato e folle".
Grandiosa Mariella che amava la poesia da fargli amare anche quel poeta
modesto che l’aveva scritta e che ero io.
Serbo come una reliquia una sua prefazione intitolata Le figure,
l’abisso… del novembre del 1995 letta da lei in una San Miniato
ventosa e fredda per il mio Andar per versi con una copertina
curata da Franco Giannoni con una barca che significava "Andar per
versi come in un canale la barca" e come scrisse Mariella “andar per
latebre, per luci, per corpi, per ombre, per luoghi”.
Troppi ricordi, troppi strati di vita vissuta, sedimentati. Continuare
scoprirebbe visioni tradite, affetti delusi, un mondo orribilmente
devastato. Mi fermo qui. Auguro una pronta guarigione a Mariella.
Ringrazio Alessandro per questo invito a lasciare una memoria, un segno
di affetto per tutto quello che da Mariella e dalla frequentazione
degli amici di "Salvo Imprevisti" e "L'area di Broca" ho imparato e capito.
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Adam Vaccaro
30 Anni di Area
di Broca - Cerco di rendere una sintetica testimonianza dei
tanti scambi socioculturali, creativi e critici, inanellati soprattutto
con Mariella, nell’arco di oltre quattro decenni. Il primo incontro fu
nel 1978, a Milano, dove organizzammo insieme a Giancarlo Majorino,
Franco Fortini e altri, una iniziativa dal titolo di Versi e Grida,
svolta per alcuni giorni negli spazi dell’Associazione Comuna
Baires. Per me fu una sorta di battesimo delle vive, seppure
ancora confuse esigenze di ricerca, a partire dalla pubblicazione in
quello stesso anno della mia prima raccolta, La vita nonostante.
Fu tuttavia una ricerca vitale che si sviluppò, a
cominciare dagli anni ’80, cui diedi il nome di Adiacenza, e
da cui poi nacque nel 2000 anche l’associazione Milanocosa.
Lungo tale percorso, innumerevoli sono state le occasioni di incontri,
virtuali e in presenza, a Milano, a Firenze e altrove, con Mariella,
Gabriella Maleti e altri, prima della redazione di Salvo Imprevisti
e poi dell’Area di Broca. Tra i tanti scritti nati dal
percorso condiviso, richiamo qui, per restare nei limiti sintetici
richiesti, alcuni estratti dalle risposte date all’inchiesta sulla
poesia del 2018.
Alla domanda, Che funzione ha oggi la poesia? A cosa
serve?, rispondevo pluralizzandola: “A cosa servono e dove vanno
le poesie?”, riconnettendomi a Ricerche e forme di Adiacenza
(Asefi, Milano, 2001), di cui richiamavo il titolo di uno dei saggi del
libro, Tutte le lingue del corpo nel corpo della poesia. L’Adiacenza,
quindi, come forma e relazione complessa di tutte le lingue (comprese
quelle dei sensi) che ci costituiscono. Testo che non rappresenta, ma
ricostruisce un corpo. Trasformazione che è Trasmutazione,
dalla materia fisiologica a quella linguistica. Per cui mi chiedevo:
“Quante sono le forme di poesia…che vanno nella direzione di tale
complessità, capaci di presenza nel mondo contemporaneo, che disegna
orizzonti storicosociali chiusi”? E tra le forme di poesia con cui ho
arricchito il mio percorso di ricerca, creativo, organizzativo e
critico, quelle offerte da Area di Broca e da Mariella
Bettarini, in particolare, hanno un rilievo cui non smetterò di essere
grato.
È una gratitudine che si riconnetteva nella risposta
successiva ad Antonio Porta e alla sua ‘sfida della comunicazione’,
alla capacità cioè di “mettere in comune” le esperienze e le identità.
È un punto cruciale da me sistematicamente ricordato con “Il progetto
infinito” (Ed. Gammalibri, Milano 1980), a cura di Silvia Batisti e
Mariella Bettarini, le quali sottolineavano come tale sfida “è
continuamente preparata dalla successione di eventi
extralinguistici…per atroci che siano”, dando “loro un senso”. Dunque,
“non esiste, né può esistere, un linguaggio autonomo della poesia…La
scrittura poetica si muove autonomamente ma all’interno di tutti gli
altri linguaggi, compresi quelli scientifici…superfluo affermare che il
testo non basta a se stesso”.
Talché concludevo: “La Casa, come figura
metonimica di un’identità, vive nella ricerca di forme di ripresa di
tempo mentale tra inferni e paradisi dolorosi-gioiosi… fuori
(radice di sacer, di sacro) dal perimetro di idee e prassi
del contesto attuale, interessato sempre e solo a ridurre tutto a
merce”. Per cui “Non è casuale che il fermento apparente di poesia e
critica non sappia, nell’attuale catastrofe antropologica, farsi corpo
di una Società Letteraria, voce di rinascita collettiva.” (21 luglio 2024)
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Lorenzo Spurio
Fornire una
testimonianza su “L’area di Broca”, la prestigiosa rivista fiorentina
ideata e diretta da Mariella Bettarini (prosecuzione di “Salvo
imprevisti”) e su lei stessa quale intellettuale di rimarchevole
talento, grande impegno e versatili interessi, presupporrebbe uno
spazio di scrittura ampio, ma anche un tempo esteso per cercare di
avvicinarsi con competenza e approfondimento a quel notevole work
in progress che tanto Mariella e la rivista, anime distintive e
indipendenti (è chiaro) eppure così unite e confluenti, hanno
rappresentato e rappresentano.
Personali, dunque, debbono essere le intenzioni volte
al ricordo e alla testimonianza in questo momento in cui è stata
lanciata la lodevole e necessaria iniziativa di un numero pensato come
conclusivo della rivista con i contributi di chi, nel tempo, vi ha
aderito convintamente.
La conoscenza con Mariella credo superi di poco il
decennio sebbene i momenti d’incontro fisico possano contarsi sul palmo
di una mano. Iniziative letterarie svoltesi a Firenze di cui alcune
presso il centrale Museo “Casa di Dante” in cui intervenne o partecipò,
con la gentilezza e il garbo che sempre l’ha contraddistinta, tra il
pubblico. Una relazione mantenuta in forma scritta, in maniera anche
discontinua e a singhiozzo nel corso degli anni sviluppatasi, in alcune
circostanze, anche in una collaborazione letteraria come la sua
partecipazione ad alcuni numeri della rivista “Euterpe” (ricordo, in
particolare, i suoi haiku, genere al quale soprattutto negli ultimi
anni si è dedicata).
Che dire della rivista “L’area di Broca”? Una fucina
importante per intellettuali e studiosi, per persone che hanno amato
disquisire e porsi domande e questioni da indagare. Anche con la
rivista il mio rapporto purtroppo è stato saltellante. Ricordo, però, i
contenuti dei miei interventi che Mariella lesse in anteprima e propose
alla Redazione che poi ne approvò la pubblicazione. Chiaramente tutti
imperniati sulla poesia, lo studio della stessa e sulla critica
letteraria.
Onorato per aver potuto partecipare nel tempo alle
pagine di questa grande e autorevole rivista letteraria, una delle più
longeve della nostra cultura e probabilmente una tra le più
multidisciplinari, dotata sempre di uno sguardo attento all’attualità,
alle dinamiche sociali, al comportamento dell’uomo, al cambiamento dei
tempi, alle forme di vulnerabilità e di lotta e diretta alla strenua
difesa delle libertà fondamentali.
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Nadia Agustoni
Un pomeriggio di
novembre - Tra i molti miei ricordi di Mariella Bettarini e
Gabriella Maleti, uno in particolare mi è caro. Un pomeriggio di
novembre della metà degli anni ’90 andai con loro in visita a
Gianfranco Draghi, lo psicanalista e poeta amico intimo di Cristina
Campo. Ci venne mostrata parte della casa e in particolare un prezioso
tappeto. Il tutto chiacchierando di poesia e incontri del passato
all’ombra ovviamente della Campo. In verità, mi parve di capire dopo,
né Mariella né Gabriella, sentivano vicina la scrittrice, lontane per
scelte stilistiche e di vita, ma apprezzarono lo scambio con Draghi. Mi
limitai ad ascoltare e poi ritornando a Firenze parlammo della scelta
della scrittrice ultra cattolica di appoggiare il vescovo scismatico
francese Lefebvre. Anni dopo parlai di nuovo con Mariella di Cristina
Campo, soprattutto dopo averla letta e studiata a fondo. Convenimmo su
qualcosa di enigmatico nella sua personalità e sapevo, proprio da una
di quelle letture, che Mariella era stimata non solo da Draghi ma anche
da altri della cerchia di Cristina Campo. Questo intreccio, tra libri e
memoria di quel pomeriggio di novembre ormai lontano, quando ancora
conoscevo poco Mariella e Gabriella e da pochissimo ero entrata nella
redazione della rivista L’Area Di Broca, è nel segno anche
dell’allegria di Gabriella, riguardo la preziosità del tappeto persiano
e di altro. In verità ne ridevano entrambe e le rivedo così, serene,
affiatate, complici.
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Enrico Zoi
Conosco Mariella da
quando ero studente universitario. Abitava ancora in Borgo SS.
Apostoli. Sono passati molti anni da allora, più di 40.
Il primo ricordo (il secondo?) è di me a casa sua, per leggerle le mie
poesie e ascoltarne i consigli. E poi vedermi su Salvo Imprevisti!
Il secondo (il primo?) è la serata finale di Partecipapoesia (1980?),
premio di poesia nazionale per studenti universitari, che prevede 10
vincitori ex-aequo (fra cui anch’io!). La cerimonia forse in
Sant’Apollonia.
Emozioni, soddisfazioni. (Firenze, 15 giugno 2024)
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Massimo Acciai Baggiani
Il tintinnio dei
bicchieri e delle tazzine. L’aroma di caffè e briosce. Il chiacchierio
dei clienti. Era un giorno di primavera come tanti, quell’anno 2005,
alle Giubbe Rosse. Il caffè letterario andava alla grande e quasi tutti
i giorni c’era un evento letterario e artistico, ospitato da Fiorenzo
Smalzi – il quale offriva gratuitamente la sala del prestigioso locale
a chi ne faceva richiesta. Io ero seduto al tavolino davanti a un caffè
fumante e a un terzetto di poetesse molto note nell’ambiente
fiorentino: Liliana Ugolini, Gabriella Maleti e ovviamente Mariella
Bettarini. Io, trentenne fresco di laurea, avevo invitato le tre
artiste per intervistarle nell’ambito di un progetto video che stavo
realizzando come parte pratica di un corso di sceneggiatura promosso
dalla Regione Toscana. Il corso prevedeva la realizzazione di un DVD:
tra i tanti progetti proposti il mio risultò quello vincitore, così
guidai un team di professionisti per i luoghi della poesia nel
capoluogo toscano. Il progetto si intitolava appunto “Firenze Poesia”.
Naturalmente Mariella la conoscevo già da prima, dai tempi gloriosi
degli eventi alle Giubbe Rosse, ma fu da quel giorno che iniziai una
frequentazione che sarebbe andata avanti per il successivo ventennio.
Mariella e Gabriella infatti mi invitarono a una riunione de L’Area di
Broca, rivista che conoscevo già di fama insieme a Gazebo, la casa
editrice diretta dalle due poetesse: fui più che felice di partecipare,
ma anche un po’ intimidito – ero il più giovane e all’inizio della mia
carriera artistica – nel trovarmi tra tanti colleghi che avevano fatto
molta più strada di me, ma che mi accolsero come loro pari in casa di
Mariella, in via San Zanobi. Qui, in un bel palazzo del centro storico,
c’era la sede della casa editrice e della rivista.
Iniziò così. Ricordo che era in preparazione il numero su “Gli altri”:
Mariella mi chiese di presentare alla redazione – composta allora da
Gabriella Maleti (poetessa, scrittrice e videomaker), Graziano Dei
(attore, illustratore e impaginatore), Alessandro Franci (scrittore e
poeta), Maria Pia Moschini (poetessa, scrittrice e performer), Paolo
Pettinari (poeta e scrittore), Giovanni R. Ricci (professore e
saggista), Luciano Valentini (professore e scrittore) e Giovanni
Stefano Savino (all’anagrafe Giovanni Benocci, prolificissimo poeta
scomparso all’età di 98 anni) – un mio saggio sulla persecuzione degli
esperantisti durante i regimi totalitari del Novecento. Il testo
piacque. Ricordo che alla presentazione del numero, alle Giubbe Rosse,
esordii leggendo l’incipit del mio articolo… in esperanto!
Le riunioni del sabato pomeriggio a casa di Mariella, attorno al tavolo
rotondo del suo salotto, erano uno spettacolo, sempre all’insegna
dell’allegria e della convivialità. Non mancavano tuttavia rigore e
severità nei giudizi sui testi che arrivavano per l’eventuale
pubblicazione: una buona parte non passava la selezione, ed era giusto
così. Il tintinnio delle tazzine di caffè non era più quello delle
Giubbe Rosse ma quelle di Mariella, che offriva alla redazione insieme
a biscotti e pasticcini. In occasioni particolari (in particolare
compleanni dei redattori) non mancavano brindisi con spumante. Lapo, il
cane di Gabriella, “redattore onorario” chiedeva cibo e attenzioni a
tutti, seguito poi da Tommy.
Nel corso degli anni sono apparsi vari miei saggi sulla fantascienza e
racconti prevalentemente di genere fantastico, che è quello a me più
congeniale, assieme ad altro materiale degli altri autori, sempre di
altissimo livello vista la selettività di cui parlavo prima. La
redazione è cambiata nel tempo – qualcuno se n’è andato (ricordo con
dispiacere la morte di Gabriella nel 2016, e il numero speciale a lei
dedicato), qualcun altro è arrivato – ma lo spirito è rimasto immutato
fino al compimento dei cinquant’anni della rivista, nel 2023: un
appuntamento mensile che attendevo sempre con grande piacere, per
rivedere gli amici e sentirmi parte di una storia che va avanti da
prima che nascessi e di cui vado fiero. (Firenze, 15 giugno 2024)
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Matteo Rimi
San Zanobi porto
sicuro - Vista da fuori, la poesia sembra un paese incantato.
Non sa il malcapitato che il poeta è l'individuo meno sodale che ci sia
e che vive di gelosie e invidie, sedizione e scorrettezze.
Anche per questo via San Zanobi mi sembrò da subito un luogo fuori dal
mondo e Mariella e Silvia le due madrine che la mia penna smarrita
cercava da tempo, le uniche che abbiano provato sincero interesse per
il mio lavoro e che non mi abbiano mai tradito.
Mi è dispiaciuto che il mio animo ondivago non mi abbia poi permesso di
fare della loro redazione un mio rifugio sicuro (pochi, del resto,
quelli che ho trovato durante il frastagliato tragitto della mia
vulnerabilità) e quanto sordo dolore apprendere di Gabriella. Dolore da
sommare, purtroppo, a quello scaturito dalle recenti notizie...
Mi resta tuttavia la convinzione da loro ottenuta che anche sul
versante poetico a volte possa affiorare un umano appiglio a
sostenerti. Grazie, Area di Broca!
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Evaristo Seghetta Andreoli
Salire le scale del
Palazzo Medici Riccardi in un pomeriggio di circa dodici anni
fa,insieme a una signora che aveva un bel cane al guinzaglio, era in sé
un fatto episodico quanto normale, senonché, ci accomunava il fatto che
entrambi andavamo alla presentazione di un libro di poesie, non ricordo
di chi. Io venivo a Firerenze da Arezzo, dove allora lavoravo, e quella
signora con il cane mi chiese del mio interesse per la poesia. Così,
nell'attesa sempre lunga delle presentazioni, ci sedemmo vicini e
proseguimmo nella nostra conversazione. E' vero che io scrivessi poesie
da sempre, ma l'ambiente fiorentino era per me ancora poco conosciuto e
mi suscitava notevole curiorità e interesse. Nel parlare. Mariella mi
si presentò, cosicché ricollegai il suo nome a quello di alcune riviste
letterarie, forse degli anni settanta e al nome di Franco Manescalchi,
che nel frattempo aveva scritto la prefazione ad una mia raccolta.
Aveva con sé una grande borsa con molti libri, tutti edizioni "Gazebo".
Erano libri di poeti che mi colpirono subito: Gabriella Maleti poetessa
di caratura da cui ho imparato molto, e di Giovanni Stefano
Savino che mi resterà impresso per sempre per quei suoi testi sui
quali scrissi,dopo poco, a Mariella queste righe "...poesia da
cui emerge un quadro di solitudine e disillusione.Lo scorrere
inesorabile del tempo è rappresentato dallo scorrere dell'Arno e la
luce dei giorni, né tristi né felici, si affievolosce come quella dei
lampioni della Conca...". Bastò questo per avviare una serie di
contatti che mi portarono ad apprezzare questa poetessa straordinaria.
Mi chiese se avessi voluto scrivere qualcosa per la rivista "L'area di
Broca" che lei dirigeva e io colsi al volo l'occasione che mi recava
grande onore. In quegli anni ci vedemmo abbastanza spesso, sempre in
occasione di eventi letterari e lei mi prese a benvolere. Generosa come
pochi mi regalò libri su libri e lesse i mei, incoraggiandomi e
elargendo preziose osservazioni. Pochi giorni prima che fosse colpita
da quel malore improvviso, mi telefonò entusiasta per aver letto
l'ultima mia raccolta e mi disse che, nonostante le sue sempre più
evidenti difficoltà della vista, avrebbe scritto, presto, prestissimo,
una sua nota su questo libro. Purtroppo è andata così. Ora raccolgo
notizie su di lei dagli amici, so che è in una struttura "ad hoc". Mi
manca e voglio sperare comunque in una sua ripresa, perché della sua
mente, del suo talento e del suo animo non è facile farne a meno. Nel
mio ricordo la accomuno all'idea che mi ero fatto del succitato vecchio
poeta Giovanni Stefano Savino che a Mariella doveva tutto e in
particolare a questi versi: (G.S. Savino. Da Versi col tempo, Ed
Gazebo.Testo CLXXVII).
Quando ricominciai non ero ancora stanco,
avevo sulle spalle l'olio e i libri
in due valigie attaccate alle mani.
Portami via,sono senza forze;
il mio mattino uguale alla mia sera,
tengo ricordi e volti e mani strette.
Portami via. Mi restano poche
parole e le uso per chiudere il verso.
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Marco Conti
Conservo alcuni numeri
di Salvo Imprevisti, tra quelli di Carte Segrete e Anterem. Ricevendoli
avevo l'impressione di far parte di una setta. Impressione che nasceva
forse anche a causa dei caratteri della macchina per scrivere con cui
erano stampati i fogli. Insomma era come un ciclostile con parole che
procedevano come in una camminata senza meta e per questo bella e
salvifica. Credo fosse la fine degli anni Settanta; avrei scritto il
primo libro solo una decina d'anni dopo. Mariella Bettarini era l'anima
di quella camminata anche se la sua meta personale, il suo impegno
civile, nei versi come nei pezzi che pubblicava, non è mai stato
separabile dalla poesia. A lei come ai collaboratori che l’hanno
affiancata fino alle pagine di L’area di Broca, vanno i miei, i nostri
vorrei dire, ringraziamenti di lettori e autori.
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Roberto R. Corsi
Vi ringrazio per avere
dato, negli anni, spazio ad alcune mie scritture; però più di tutto
ricorderò un afoso pomeriggio fiorentino di ormai qualche lustro fa, in
cui Mariella e Gabriella mi hanno amichevolmente aperto la porta di
casa e concesso di seguire i lavori della redazione. Oltre a loro
c’erano Alessandro Franci, Giovanni R. Ricci, Maria Grazia Cabras,
Loretto Mattonai, Massimo Acciai e chiedo venia perché di sicuro mi
scordo qualcuno. Sorrido ancora all’ironia in punta di fioretto, sempre
costruttiva, con cui Gabriella leggeva e commentava le poesie giunte in
redazione. Ma il culmine fu quando, con un po’ di ritardo, arrivò Maria
Pia Moschini e lesse per intero un suo racconto inedito, di
ambientazione sanfredianina, che avrebbe voluto inserire nel numero
seguente della rivista. Era così ben scritto e mi suscitò un tale
piacere d’ascolto che mi parve perfino rinfrescante, che la canicola
cedesse spontaneamente il passo. Ebbi insomma da tutti loro l’immediata
e indelebile sensazione, anche fisica, del magistero di scrittura e
analisi; e con questa reverenza “attiva”, bramosa di carpire segreti di
stile e riflettere sulle tematiche della rivista, mi sono sempre
accostato a ogni pagina de L’area di Broca.
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Giuliano Ladolfi
Pur comprendendo i
motivi, mi addolora il fatto che la rivista cessi la pubblicazione.
Viene meno un supporto importante alla cultura italiana. Per
cinquant’anni la rivista ha suscitato dibattito culturale e ha
arricchito di idee i lettori.
D’altra parte, come direttore di rivista, comprendo il grande impegno
che una pubblicazione come la vostra richieda e vi esprimo riconoscenza
per il lavoro compiuto.
Mariella Bettarini, oltre che essere una poetessa di grande prestigio,
è stata ed è un punto di riferimento per molti autori che considerano
la letteratura uno delle più importanti manifestazioni dell’eccellenza
dell’essere umano. Grazie di cuore per quanto è stato fatto da “L’Area
di Broca”. Con stima e riconoscenza.
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