"L'area di Broca", XXV-XXVI, 68-69, 1998-99
SCRITTURA
Fabrizio Bajec
Quattro poesie
Le difese
Così l'uomo precipitato
imparò il verbo,
poi la falsa testimonianza
per proteggersi dagli altri,
le mentite spoglie
più rapide della pelle
nella coagulazione.
Ci rifletto dopo l'urto distratto
della mano sul chiodo del corridoio.
La completezza dell'uomo
nel dissimulare, l'astuzia matura
nell'aggirare verità
per le quali si dovrebbe morire ancora.
Tacerle
e farle proprie in seguito,
digerite nell'atto
della copulazione.
Mentre l'unica bugia che saprei dire
non andrebbe oltre
questi venti versi.
*
Alle arance spremute in due anni
per avere forze,
al castigo di molti più
nel celare un senso. Io mi accorgo
proprio adesso fra le bucce
fresco dei succhi di ogni dove,
che avevo rubato uno strumento
dall'Asia
e in ginocchio giravo all'eterno
questo piccolo carillon di pietre
piangendo a sentirlo
poiché la musica non veniva di qui
eppure così nostra.
Sordi noi che abbiamo visto
o creduto di vedere distanza
tra cielo e terra.
*
alla memoria di J. S. Bach
Quasi come la musica farebbe
ai sensi dovrei scrivere
le droghe preferite e non letali
del maestro di Eisenach
che ti manda in cielo
ma non per sempre
e fumare nemmeno voglio.
A spiegarla è dura,
dura legge di purezza che non chiedo
a nessuno.
Le scarpe potrei mangiarmi
se solo riuscissi
quasi come la musica
a commuovere i topi.
*
Passerà come passano
i buoi in agosto
il male che porto tra le mani.
Un pacco di robaccia
presa ovunque, gravata
dove gli angeli non scendono.
Io non lo voglio questo mondo
tagliato al quarzo
per far da moneta
o candela di Dio.
A Lui do le parole ultime
dell'ora in cui sarò
avvinghiato alla rete
sotto il materasso
ma ch'io non morda mai più la lingua.