"L'area di Broca", XXVIII, 73-74, 2001
TERRA
Gianna Pinotti
Elios (Paliàn) e Selene (Màgia) attraversano la Terra
(Dialogo in versi)
Palian: Io t'ho guardata in anni,
e il verso della mente
e la memoria in te possente
mi ha ispirato
interni fuochi.
La Terra tocchi i pochi
istanti perturbati di visione
in recto d'anima astenuta
al sempre detto.
Màgia: Guardavi avanti tu?
Anch'io più oltre il banchetto
del mio d'appresso amore
occhiuto sbalzo.
Non ho girato il capo,
ma tu correndo scalzo
hai colto in Terra
una figura interna
distante in se stemperando io
la mia celesta genitura
in sé leggera.
Paliàn: Ma la Natura oscura il senso
e lo racchiude in te dormendo,
conserva il bello a sé propenso,
e in raggi occhiuti e flessi attendo.
Màgia: È per portar negli Astri ingegno
se scruto il genio o mortal stato
ma quasi mai si ferma amato
il planetario arcato regno
e in passi amari i miei terrestri
ossuti dèi contrari e desti
rivedon curvi in quell'errore
che chiude il cuore al tempo
e al fiore.
Palìan: Flore sei tu, non figlia più
di un campo esteso in quella Terra,
rifletti e corri in lunga piega
la linea piena a schiusa serra,
contorta luna in stretta vena;
t'incontro a notte in una barca
immota al vento è la carena
e guida dèi senza monarca.
Rifletti il volto ti porgo,
il tuo ch'è eterno amar io colgo.
Màgia: Da quale parte scorre il mare
in un cratere azzurro in carte
riscritte annose e fiere e rare?
Rifulgi tu in bluastro cielo
ti tuffi strano e dormi a stelo
ciutta era
e il brando sogni e la visione
per una corsa in atmosfera
invinta atomica fusione.
Che cosa vedi in noi d'eterno
d'Eleusi in versi il laccio interno
del fuoco tuo che sento issare
in stretto pian ciprigno altare?
Paliàn: Sai che io vivo imprigionato in ore
questi miei giorni chiedon sempre
aurore.
E tutto il tempo pur non frana e segna
l'aspro mio dito e l'Astro tuo disegna.
Ma nel tramonto l'alba mia io vedo
stregata fonte stringe e io a te la cedo.
Quell'ombra in cerchio che t'insegue e ride
è tua bellezza: mi raggiunge e stride.
Tu sei il mio angel in un giorno assurdo
coroni spazi e ti fai demiurgo.
Màgia: Tu senti il mare
tra le pareti nude
ed io di questa duna
azzurra, sciolta,
ti svelo spume chiare
conchiglia bruna s'apre
cinge il tuo viso brace
in acque e sporadi di me
disfere in spore nate
ardenti.
I tuoi splendenti occhi
san vincere la notte
e il tormentoso fato
eterno da te obliato
nel rigor del tuo spogliato
enigma.
Ed il tuo stigma resta
un'orma l'apertura
al tempo mio di stella
in luce di te sol
è dea apricante ancella
Aprile e duce.
Paliàn: Doppio i miei raggi in te
in curve e linee antiche
verso le folli Terre
che io rischiaro invano.
M'indori tu la mano
che scruta nella psiche degli umani.
Rifiutan sempre
dei ripari il cuore
mi costa stare in me
la corsa aggiunge a te
rossore.
Màgia: In quella sera lunga ed oscura
tu m'hai ripresa e la bordura
della strada calda in Terra
e dello scudo saldo afferra
il colpo doppio della vista.
Correvi in pista e non sapevi
dei tuoi colori in un'artista
c'hai rimirato in tanti evi
(furtiva occhiata e futurista).
Guardavo avanti io?
E pur dietro ridevi
nel tuo riflesso ardore.
E sì ho girato il capo
al tuo raggio migliore.