"L'area di Broca", XXIX, 75, 2002
AMICIZIA / COOPERAZIONE
Attilio Lolini
Taci! T'ascolta Bajonetta Fallaci
Ci sono scrittori (come quello del giallo parmacotto o lo scrotoneo da sbarco) metodici, ordinati, che ogni anno pubblicano un romanzo, una raccolta di racconti ma anche drammi, saggi, ricettari. Alcuni, ormai settantenni, hanno scaffali pieni delle loro caccole recensite, a suo tempo, su quotidiani e settimanali, da critici famosi, come l'Angelo Penebianco Guglielmi, l'Alberto Barbasino e il Babbioni. Opere dopo pochi mesi buttate al macero perché intollerabili alla vista. Al loro apparire sembrarono capolavori: ne scrisse perfino il defunto Tarlo Bo lodando lo stile, le trame, il profondo significato dei testi (di cazzo). Così, a mio parere, sono da giustificare, quegli scrittori che pubblicano poco o nulla passando la loro esistenza in faccende più proficue come sbadigliare, sonnacchiare e petare. Qualsiasi romanzo, al giorno d'oggi, dopo dieci minuti di lettura, annoia mortalmente e vien voglia di buttarlo nel più vicino cassonetto dietro casa. Così scrivere e stampar libri è una faccenda, se non superflua, almeno secondaria. Anche il successo ( raro) è d'accatto e dura poco. Non c'è giorno che Dio metta in terra senza che escano, a getto continuo, romanzi, saggi, memorie ma anche raccolte di articoli infinitamente riciclati come l'iltima della Oriana Bajonetta Fallaci.
Visitando, l'altro giorno, con l'intenzione di comprare un tavolo e quattro sedie, la succursale fiorentina dei mobili Ajazzone, ho fatto un'importante scoperta che riguarda l'Università italiana e i suoi indocenti nonché i magnifici reattori, dissociati e ricercatori (di tartufi). Un reparto consistente di tale sterminata esposizione è dedicato alle cattedre da aula universitaria di ogni dimensione e misura; ce ne sono intagliate e impagliate, in vari stili e di legni pregiati, talune in foggia di veri e propri catafalchi, altre più moderne in forma di cassapanche e di cassonnetti. Ho chiesto all'impiegato che mi seguiva speranzoso, tentando di vendermi una fratina di plastica impiallacciata, il perché di sì fiorente industria. Pare che le cattedre siano ordinate e quindi disegnate e, talvolta, direttamente fabbricate, dall'emerito professor Doppio Asinor e dal suo consigliere delegato, il professor Cesso Cessi. Secondo l'impiegato dell'Ajazzone il duo baronale è imbattibile nel vendere cattedre specie dopo la pensata: ne pigli tre e ne paghi due. Come ho già detto di questi catafalchi a concorso ce ne sono a iosa dopo la nomina a ministro della pubblica distruzione della leggiadra signora Moratti.
Nella città di Milano due modesti romanzieri di qualche passato successo editoriale hanno fondato, dirigendola, una fiorente scuola che si potrebbe definire, con qualche approssimazione, d'inchineria ma anche di risucchio in quanto colà s'insegna a baciare il prossimo che conta editorialmente ponendo le labbra a mo' di ventosa sulla guance e sul collo dei malcapitati che capitano sotto tiro. L'inchino alla giuria del Nobel ma, soprattutto, al Re di Svezia, è tra le preoccupazioni più assillanti dei duecentoventi candidati italiani al premio. Ma, a quanto mi risulta, ci sono squadre di cerimonieri addette alla bisogna. Pensano loro a comunicare all'insignito quanti passi fare, come dirigersi verso le Altezze e il modo di chinare la testa. Nonostante ciò, la scuola d'inchineria e di risucchio, viene frequentata, assiduamente, dagli aspiranti al Nobel che pagano cifre salatissime. Colà l'inchino viene studiato e poi eseguito attraverso esempi reperibili in storici documenti ovverosia filmati trasferiti in cassette VHS, specie un vecchio spezzone di pellicola dove si osserva il senatore a vite Eugenio Montale al culmine della cerimonia. Un inchino perfetto tanto che il poeta dei limoni, con la sua plafoniera cotonata, riusciva a chiudersi quasi a libro rilegato sì da raggiungere quella posizione impossibile ma auspicata dal poeta Giorgio Baffo che consiste nell'autociucciamento della cappella. Per la cronaca va detto che la scuola d'inchineria e di risucchio è stata fondata, a Milano, dal maestro Sanguinaccio, detto anche il Dente Alighieri di Sestri Ponente e dal suo concubino in paragrafi, il Posticcia. Gente che bada al sodo, veri arraffatori di premi di ogni ordine e consistenza. Costoro non rifiutano neppure vini e prosciutti, croste di pittori della domenica e del lunedì; son già insigniti dello Strega ma brigano per il Campiello, pretendono il Viareggio pur avendo già ottenuto il Mordello o il Carciofo d'oro, a Taormina.