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L'Area di Broca
Indice n.78-79
 

Mediateca Italiana
 
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"L'area di Broca", XXX-XXXI, 78-79, 2003-2004

Cinema / video / TV

 

Giovanni R. Ricci

La televisione italiana nell'era Berlusconi
 

   Di televisione, in Italia e nel resto dei paesi occidentali o occidentalizzati (purché democratici), si scrive molto e, comunque la si pensi in materia, appare evidente che colpe e meriti di questo mezzo nulla hanno a che fare con la sua natura tecnica che, in quanto tale, è neutra, come quella, ad esempio, del computer o dell'automobile: sta all'utente usare il computer per i suoi molti ed utili scopi leciti oppure, criminalmente, per collegarsi a siti pedofili o per immettere in rete qualche voracissimo virus; dipenderà dal guidatore se la sua auto si muoverà secondo le norme del Codice oppure se, poniamo, si troverà impegnata in un'illegale gara clandestina. La nostra televisione un merito indubbio ce l'ha, forse l'unico: nei primi anni della sua esistenza, ha insegnato la nostra lingua ai molti che ancora conoscevano il solo dialetto e, spesso, non sapevano né leggere né scrivere.
   C'è, però, un'ovvia chiosa - che forse il lettore avrà già operato - al ragionamento che ho appena svolto: infatti al computer ed in auto il fruitore è attivo mentre il tratto che, in primo luogo, connota lo spettatore televisivo è la sostanziale passività, limitandosi le sue possibili libertà allo spegnimento dell'apparecchio, al cambiare canale, al telefonare per sondaggi (anche su come far proseguire una certa soap) o per partecipare a quiz telefonici o, in pochi casi, per fare domande (ad esempio nella trasmissione medica di RaiTre "Elisir") o per dare informazioni su esperienze personali di generale interesse (è il caso, su quella stessa rete, dei programmi di servizio sociale "Mi manda Rai tre" e "Chi l'ha visto"). E' nata, poi, nell'ambito della tivù satellitare e, di recente, anche in quello del digitale terrestre, la cosiddetta televisione interattiva che ancora attraversa, però, una fase sperimentale. Gli esempi attuali sono senz'altro modesti andando dalla consultazione di archivi alla possibilità, per i patiti (ahiloro) del "Grande fratello" ed abbonati a Sky, di scegliere la telecamera, fra quelle disponibili, da cui osservare la zona preferita della celeberrima "casa". Prima che l'interattività sia introdotta a pieno titolo, passerà ancora del tempo e, anche in questo caso, la natura del nostro interagire dipenderà dall'offerta posta in atto: in che misura si potrà farlo e quali saranno i programmi implicati. Del resto, bisogna intendersi sul termine "interazione" perché questa, nel digitale terrestre, si attua fra noi e le pagine correlate al programma che stiamo guardando e non con il programma televisivo in sé, salvo il caso di interazioni che, per lo più, ripropongano, magari più sistematicamente e approfonditamente, quanto il digitale dotato di parabola o la stessa televisione tradizionale già fanno. Certo, un differente utilizzo potrà consistere, ad esempio, nel dire per scritto la nostra in un forum, come tuttavia è da anni possibile in rete, e magari sperare che qualcuno nel programma ci dia una risposta, come, nella stessa televisione generale, talora già avviene bastando per l'utente ricorrere a telefonate, mail o perfino 'semplici' lettere. Il video avrà sempre più le funzioni d'un computer fino a fondersi con esso ma, se "interazione" è la relazione fra due soggetti, uno dei quali può anche essere un sito informatico, in tempi medi la tivù interattiva somiglierà, nel migliore dei casi, a Internet (ove interazione vi è nella posta elettronica, nei forum, nell'home banking, negli acquisti in rete) e, nel peggiore, a un super Televideo. A me, insomma, non pare che la cosiddetta tivù interattiva possa davvero apportare un significativo incremento di interattività e, ad ogni modo, per quanto attiene alle trasmissioni, la natura di utente sostanzialmente passivo che oggi denota lo spettatore televisivo non muterà che minimalmente.
   Nel nostro paese, a parlar male della televisione (la nostra), difficilmente si sbaglia. Si potrà obiettare che, anche in altre nazioni, certi programmi televisivi hanno difetti analoghi a quelli che affliggono i nostri: è per lo più vero - basti pensare ai format tipo "Grande fratello" o quizzaroli o quant'altro che si diffondono, talora un po' ritoccati, per ogni dove - ma le magagne sono da noi mediamente più frequenti e profonde (sempre prendendo a confronto paesi dove siano tutelati i diritti civili). La gran maggioranza del nostro popolo, come ho ricordato in un mio scritto edito sull'ultimo numero di questa rivista, ha, per cause storiche e sociologiche, un modesto senso di legalità che si appaia, e insieme è causato, da un moderato attaccamento allo Stato.
   "Fatta la legge, trovato l'inganno" è il noto ed emblematico proverbio, pronunciato in genere con un sorriso furbesco, che riassume la situazione psicosociale d'un paese ove gli imbroglioni, salvo se ne rimanga vittime, sono troppo spesso guardati con malcelata approvazione. Impostori e bugiardi proliferano così come coloro che vi abboccano, talora ascendendo - i primi - a ruoli pubblici particolarmente elevati. E per ogni imbroglione vi sono uno o più, talora innumerevoli, ingenui (per usare un termine gentile) pronti a farsi gabellare. Certo i mistificatori di bassa lega fanno danni sociali enormi ma, con vigliacca sagacia, prediligono vittime 'deboli': così le truffe sono molto diffuse per strada o nelle case, e in questo caso gli imbrogliati sono in genere gli anziani; oppure sono veicolate attraverso inserzioni o volantini, e qui ad essere truffati sono per lo più giovani in cerca di lavoro.
   La televisione ha dato ai più accorti di questi raggiratori un'arma in più: dalle molte televendite menzognere, ossia fondate sulla truffa, all'abbondanza di maghi e maghe che propongono a un nutrito audience le loro balle a pagamento. Non fanno eccezione astrologhi e astrologhe con la differenza che, in genere, questi, per la loro ignoranza in campo astronomico, sono i primi a credere alle loro fanfaluche. Entrambi - pseudoparanormali e oroscopanti - frequentano, peraltro, non solo televisionucce di bassa lega ma anche programmi Rai e Mediaset, con un particolare impegno in questo campo da parte di RaiUno.
   Ci sono poi le taroccature di numerosi programmi ove presunti individui comuni, invitati per qualcosa che è a loro accaduto, sono in realtà attorucoli che già hanno, più volte, frequentato il mondo dello spettacolo e a cui viene fatto imparare un copione: si presenteranno col loro vero nome e cognome (essendo poco noti) ed esporranno un loro caso 'personale' che è, in realtà, fasullo. L'esempio forse più grave è rappresentato da "Forum" in quanto coinvolge, quale parte attiva della trasmissione, un magistrato (pur in pensione) di Cassazione, il giudice Santi Licheri: sarebbe onesto si dicesse che, spesso se non sempre, si tratta d'una simulazione di processo ma, a ragione o a torto, si ritiene che il pubblico sia più solleticato dalla convinzione di assistere a un evento reale mentre potrebbe annoiarsi dinanzi alla trattazione d'un semplice caso giuridico teatralizzato. Può darsi ma ciò indica solo come gli spettatori siano, in realtà, ritenuti dei creduloni da imbrogliare. Che anche "Forum" fosse taroccato (almeno in molti casi) l'ho appreso da fonti certe: i partecipanti sono di solito contattati dal loro agente; preventivamente gli viene fatto firmare un contratto per cui non possono riapparire in video per un certo tempo; basta un solo giorno per l'operazione: imparano il copione, su cui potranno anche un po' improvvisare, e si esibiscono dinanzi alle telecamere, presentandosi, come ho detto, con la loro autentica identità. Dato che la veridicità di questa trasmissione non era stata mai messa in dubbio, ho passato le mie informazioni a Sebastiano Messina de La Repubblica che, pochi giorni dopo, il 21-1-2004, ha rivelato la verità su "Forum" nella sua rubrica "Fuori onda". Lì ha anche invitato "Striscia la notizia" a occuparsi di "Forum" ma non mi consta che ciò sia accaduto.
   Oltre a trasmissioni tutte taroccate vi sono singole gabole poste in atto nei programmi più vari (anche se i pochi seri ne sono esenti). Sovente, onore al merito, sono state documentate proprio da "Striscia" che, tuttavia, non scava abbastanza in casa Mediaset e gode d'una goliardica autonomia che Berlusconi tollera purché - ed è quanto accade - non ne nascano critiche significative nei suoi confronti: ciò spiega perché non siano stati consegnati ai peggiori esponenti del governo di centrodestra - e, da Castelli alla Moratti, ce ne sono che li avrebbero meritati - quei Tapiri che "Striscia" non aveva fatto mancare ai ministri dell'Ulivo.
   Venendo a qualche esempio di specifici imbrogli, al Festival di San Remo del 1995, l''eroico' Baudo salvò dal suicidio un tale, naturalmente in diretta: peccato che, in seguito, lo stesso supposto morituro abbia dichiarato che era tutto già concordato in precedenza. Perfino Discovery Channel, per citare un imbroglio di origine estera anche se la rete è italofona, ha mostrato una volta il ritrovamento, in Siberia, di zanne di mammut che, in realtà, erano state già scoperte in quel luogo un anno prima e lì erano state riposizionate - ma forse si trattava di riproduzioni - per fare più spettacolo. Fiorello ha dichiarato che, anche fra i partecipanti al "Karaoke", spesso erano infilati cantanti di piano bar e ricordo una puntata di "Scherzi a parte" (trasmissione abbastanza divertente per chi abbia una qualche punta di sadismo) in cui la 'vittima' Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, recitava chiarissimamente una parte in una situazione da fiction, pensata per magnificarne le doti. All'edizione 2004 del "Grande fratello" sono state violate le stesse regole di ammissione facendo entrare nella fin troppo famosa "casa" un individuo di età superiore a quella massima prevista dal regolamento nonché ammettendo taluni concorrenti che avevano già lavorato nel campo dello spettacolo e che non sono stati affatto sottoposti alle selezioni previste: in pratica sono stati truffati i numerosissimi giovani che avevano, invano, affrontato tali prove. Ci si potrà anche interrogare sulle motivazioni superficiali di questi ragazzi ma la truffa rimane. La stessa informazione televisiva, nei nostri telegiornali, gioca spesso sporco, infilando sequenze di repertorio - non rivelate per tali - in servizi di attualità.
   Parlando di telegiornali, è facile il passaggio al tema politico. Se dovessi riassumere l'aura politico-televisiva nostrana di questo momento in cui scrivo (fine marzo 2004) mi verrebbe in mente il volto depresso e la voce lamentosa, con un sottofondo di stizza, dell'ex comunista Bondi che, per conto del suo patron Berlusconi, dà del bugiardo all'universo mondo. Qui, chissà perché, mi verrebbe da raccontare la storiella di colui che in ogni altro vedeva il volto di se stesso o di quel merlo indiano che, com'è ovvio, non sapeva andar oltre le poche cose che gli erano state insegnate perché, pedissequamente, le ripetesse. Ma il tema della menzogna ci porta a ben più serie considerazioni: gli spagnoli, per le bugie di Aznar, lo hanno mandato a casa; ed è probabile che Bush e Blair abbiano in futuro qualche problemuccio coi loro etici elettorati per le menzogne sulle armi di distruzione di massa irachene: siano loro i bugiardi o si siano fatti gabellare da altri, sta di fatto che o hanno imbrogliato o sono stati dei babaloni a farsi fregare. Perfino da noi l'elettorato parrebbe in gran parte aver aperto gli occhi prendendo in antipatia il Berlusca: meglio tardi che mai. Ciò, però, non inficia quanto ho detto sopra della nostra psicologia (media) nazionale. Infatti gli italiani hanno lasciato bellamente passare le varie leggi da Berlusconi e/o dai Berluscones promosse pro domo sua mentre - in buon numero anche fra i votanti della sedicente Casa della Libertà - hanno iniziato a svegliarsi quando le promesse non sono state mantenute e, dagli stipendi alle pensioni alla scuola ai prezzi ecc., le cose hanno iniziato ad andare particolarmente male; gli stessi hanno sgranato poi, per la sorpresa e per l'ira, i loro occhi dinanzi a un premier che, dal maggiordomo Vespa, ha sostenuto, con ingenuo autogol, essere le loro lamentele generate da una percezione distorta. Insomma, la crescente insofferenza verso l'attuale Presidente del consiglio non sembra poggiare su solide fondamenta etiche. Detto questo, pazienza: l'essenziale è che l'elettorato faccia sì che l'anomalia Berlusconi sia, democraticamente, staccata dalle leve del potere politico. Di questa singolarità berlusconiana, il campo televisivo offre plurime e basilari prove: in quale altro paese democratico, per esempio, avrebbe potuto divenire capo del governo un soggetto che, a parte ogni altra considerazione, è in possesso - al di là di chi ne sia il prestanome - di tre reti televisive nazionali e che, con la sua vittoria elettorale, ha potuto estendere il suo controllo alle reti Rai? In qualsiasi altro paese civile, le norme gli avrebbero impedito di aspirare a quella carica e, anche se la legislazione gliel'avesse concesso, l'elettorato lo avrebbe senz'altro punito. Ma siamo in Italia e dunque...
   Il nostro è anche un paese di succubi, che ama osannare il vincitore. In televisione vi sono giornalisti potenti e berlusconiani che ancor più paiono esserlo quando il suddetto signore è al potere. Altrove, se non nelle dittature, sarebbe inconcepibile un primo ministro che televisivamente non accetta il contraddittorio e si produce, da solo o con interlocutori compiacenti, in monologhi autocelebrativi. A proposito: ci fa o ci è? Entrambe le cose. Da un lato sono evidenti l'attitudine istrionica e il rilievo dato all'apparire rispetto all'essere, dall'altro è innegabile un vero e proprio delirio di grandezza. A un popolo come il nostro, salvo eccezioni, un tipo del genere piace; se poi, però, l'italiano ha l'impressione che l'ammirato furbone lo stia fregando, allora le sue simpatie per cotal personaggio possono radicalmente calare. Del resto, il Berlusca teme il confronto dialettico proprio perché conscio, con una parte di sé: a) della debolezza dei propri argomenti; b) della propria modestissima abilità nei colloqui alla pari, data la sua immodificabile forma mentis da padrone del vapore.
   La televisione, nell'era Berlusconi, fin dalla nascita di Mediaset e dalla successiva prima vittoria elettorale del centrodestra, è andata significativamente peggiorando: oggi, ad esempio, che un film sia interrotto più volte dalla pubblicità è ritenuta una situazione normale; ma ciò, prima di Mediaset, non accadeva. E' vero che i film andrebbero visti al cinema; tuttavia questo non vale per i meno recenti o addirittura per i classici. Già la televisione costringe nei suoi pollici un prodotto nato (a parte i film televisivi) per uno schermo cinematografico e, inoltre, velocizza - se pur di poco - lo scorrimento dei fotogrammi (25 al secondo anziché 24), ma che un'esperienza fortemente coinvolgente come la visione di un film sia frazionata in più segmenti è (dovrebbe essere) davvero inaccettabile. Non sottovaluto l'esigenza della pubblicità per le reti private ma la Rai, che riscuote il canone, dovrebbe trasmettere i film senza interruzioni pubblicitarie. Per riuscirvi, basterebbe - si fa per dire - che evitasse di spendere un sacco di soldi per programmi o personaggi insulsi.
   Più in generale, dall'arrivo di Berlusconi, la qualità dei programmi televisivi si è abbassata (e già questo è un indizio di cosa il suddetto davvero pensi della famosa gente), con eccezioni quali, in primis (a parte i film), i programmi scientifici e culturali, quelli di servizio, un certo tipo di fiction (per esempio il film televisivo "Perlasca" di Alberto Negrin o la serie "Il commissario Montalbano" diretta da Alberto Sironi), l'infrequente teatro (sempre, o quasi, in tarda serata), alcune trasmissioni politiche (non quelle di Vespa o Socci), la residua buona comicità. In particolare RaiTre e La7 fanno una buona resistenza anche se, per esempio, piange il cuore a doversi sorbire - se si attende di vedere, poniamo, "Ballarò" o "La grande storia" - gli ultimi minuti di quello che una volta la stessa rete avrebbe senz'altro rifiutato, bollandolo come un banale prodotto di basso conio. Forse agli spettatori "Un posto al sole" piace: e allora? Lo spettatore è passivo e, per lo più, prende quel che gli viene dato.
   Il Berlusca, da efficiente sor parun, ha 'licenziato' dal video coloro - Enzo Biagi, Michele Santoro, Daniele Luttazzi, Sabina Guzzanti - che si erano permessi di dire delle verità su di lui. Baudo, nel novembre 2003, ha invitato Luttazzi alla sua trasmissione "Cinquanta" (RaiTre) ma i possibili complimenti al coraggio baudesco anche qui sarebbero immeritati: infatti le battute di Luttazzi sono state tagliate nei punti più ostici per il governo e per il Tg1. Non basta fare programmi a RaiTre per cambiare mentalità. E quando Bonolis ha chiesto ai suoi superiori di invitare Biagi a "Domenica in", non gli è stato neppure risposto. A proposito di "Domenica in", si ricorderà, tanto se ne è parlato, che, alla prima puntata dell'edizione 2003/2004, fu varato un sondaggio che chiedeva agli spettatori a chi avrebbero detto "basta": inaspettatamente la maggioranza delle risposte ha dato come esito "Berlusconi perché mente"; il conduttore, a quanto pare (non ho assistito alla trasmissione), imbarazzatissimo, ha comunque comunicato al pubblico l'opinione prevalsa; ma presto, per ordini dall'alto, non necessariamente risalenti al Capo in persona, è stato riformulato l'esito in "Berlusconi e tutti i politici perché mentono". È' un vecchio trucco dialettico: se tutti mentono, è come se nessuno mentisse.
   Quando, il 30 novembre, Valerio Staffelli di "Striscia la notizia" ha cercato di consegnare un Tapiro d'oro al direttore di RaiUno Del Noce, per una certa intervista del già citato Bonolis, si è preso una gran microfonata sul naso. Bonolis, in un'intervista all'Espresso, aveva dato un giudizio molto duro sulla Rai e sul governo parlando anche di "regime" salvo presto - semplice immaginare perché - farsi intervistare a "Domenica in" dall'ineffabile e mai pungente (coi potenti) Bruno Vespa e lì smentire le sue dichiarazioni più dure. Peccato per lui che "Striscia", sebbene all'interno d'una guerra di audience con la Rai, abbia fatto sentire l'audio dell'intervista che confermava la versione data dal settimanale.
   Anche Beppe Grillo, amando parlare chiaro, senza alcun pelo sulla lingua, è di fatto costretto a disertare il video, riempiendo peraltro piazze e teatri. E, d'altra parte, sul versante della stessa pura professionalità e al di fuori di ogni implicazione politica, è un segno del degradamento in atto l'abbondanza di raccomandati dalle mediocri capacità che pervengono al video mentre, per fare un paio di esempi, i dirigenti televisivi si sono, incongruamente, dimenticati d'una show-woman completa come Loretta Goggi e, in casa Rai, si è sentito il bisogno di pensionare le 'storiche' annunciatrici sostituendole con fanciulline dall'apparenza giovanilmente gradevole ma dall'ineducata pronunzia.
   Tornando all'informazione, i telegiornali, specialmente quello serale di RaiUno, oltre all'ovvio caso di Rete 4, scontano la sudditanza verso i potenti cui ho prima accennato. Spesso, soprattutto a RaiUno, è in vigore un trucco che ha suscitato varie polemiche. Una nota regola di psicologia della comunicazione recita che chi parla per ultimo ha più probabilità di convincere chi lo ascolta: ebbene, se si assiste, in un giorno qualsiasi, al telegiornale serale di RaiUno, ci si accorgerà che un esponente della maggioranza chiude sempre la successione delle dichiarazioni politiche; questa successione può essere variamente strutturata - dal cosiddetto "panino" (governo - opposizione - maggioranza: metaforicamente due robuste fette di pane e una fettina esile esile di prosciutto) ad altre soluzioni - ma quel che resta è il ruolo attribuito a uno o più esponenti del centrodestra perché dicano l'ultima parola sulla questione dibattuta. Anche questa è una forma di imbroglio, sebbene più subdolo e raffinato, tanto che in gennaio la vicedirettrice del Tg1 Daniela Tagliafico si è dimessa per l'eccessivo rilievo dato da questo telegiornale alle dichiarazioni del governo e della maggioranza e per il suo parlare "molto dei consumi e del tempo libero dell'Italia e poco dei suoi problemi" spalmando "una patina di gaudenza che - ha aggiunto - non credo corrisponda al Paese reale". Il direttore della Tagliafico era Clemente Mimun, uno che, quando dirigeva il Tg2 ed era al governo l'Ulivo, dava già l'ultima parola a Berlusconi e ai suoi. Al principale telegiornale nostrano il taroccamento politico è di casa specie quando si tratta di fare un favore mediatico al Conducator milanese: al Parlamento europeo perde il controllo infuriandosi contro l'eurodeputato tedesco Schulz? E' sufficiente togliere l'audio. All'ONU pochissimi sono in sala ad ascoltare il suo intervento? Basta, durante il montaggio, aggiungere pubblico fittizio.
   La televisione italiana, in anni lontani, era bacchettona. Per esempio negli anni Cinquanta, non solo era proibito usare in video espressioni quali "membro del Parlamento" o "in seno alla commissione", ma anche restavano interdetti termini come "parto" (nel senso del sostantivo), "vizio", "talamo", "alcova", per non parlare di "amante", "verginità" o "amplesso". La pruderie imperava: così, nel 1956, il varietà televisivo "La piazzetta" fu sospeso poiché la ballerina Alba Arnova, pur indossando una calzamaglia, agli occhi di alcuni severi e salivanti funzionari, sembrava nuda. E ci appare oggi un involontario, irresistibile sketch comico il modo con cui, nel 1958, un imbarazzatissimo Ugo Zatterin 'spiegò', al telegiornale, la chiusura delle case di tolleranza a seguito della legge Merlin. Ma vi erano, per esempio, teatro in prima serata (a partire dallo shakespeariano Romeo e Giulietta, con regia di Franco Enriquez, andato in onda la sera del 29 gennaio 1954) e fiction (i famosi sceneggiati) di buona o alta qualità, da David Copperfield a E le stelle stanno a guardare, da Piccolo mondo antico a Orgoglio e pregiudizio (altro che Orgoglio tout court!), da Umiliati e offesi a Le notti bianche, da I miserabili a I promessi sposi, da Il mulino del Po a Una tragedia americana, da L'idiota a Mastro Don Gesualdo a quell'Odissea di Franco Rossi in sé non ineccepibile ma le cui puntate erano introdotte da appassionate e indimenticabili letture di brani del testo omerico, da lui stesso tradotti, ad opera di Giuseppe Ungaretti (e l'elenco potrebbe continuare). Non solo la censura a matrice moralistica ma anche quella politica operava alacremente, espressione entrambe di un'azienda (e di un'Italia) assai democristianizzata: basti pensare, nel 1959, alla sospensione, pur non immediata, del varietà "Un, due, tre", dopo che Tognazzi e Vianello avevano garbatamente parodiato lo scivolone del presidente Gronchi, rovinato addosso a De Gaulle ad una prima della Scala in onore del presidente francese (umoristico evento cui i telespettatori avevano potuto assistere in diretta); e a Dario Fo e Franca Rame, di fatto costretti, nel 1962, ad abbandonare la conduzione di "Canzonissima" per i troppi tagli, che oggi suonerebbero assurdi, cui erano sottoposti i loro copioni. Nel 1963 il redattore capo Claudio Savonuzzi fu allontanato da "TV7" a causa d'un suo servizio, fortunosamente andato in onda, sul disastro del Vajont avvenuto il 10 ottobre di quell'anno: il tentativo era di occultare le responsabilità d'una tipica tragedia italiana, una sciagura colpevole cui, ai nostri giorni, Marco Paolini ha dedicato il suo esemplare Racconto del Vajont, trasmesso insolitamente in prima serata, l'8-10-1997. Nel 1972 i testi di Alighiero Noschese, scritti per le sue perfette imitazioni dei politici di allora, erano preventivamente sforbiciati e, due anni dopo, nel corso della campagna per il referendum sul divorzio, fu tolto addirittura l'audio a una battuta d'una puntata dello sceneggiato David Copperfield: naturalmente quella frase faceva riferimento proprio al divorzio, istituzione già presente nell'Inghilterra di Dickens ma temuta dai sanfeditisti nostrani. Questi ultimi, come si sa, al referendum furono sonoramente battuti e sia l'Italia che la televisione assunsero, gradualmente, una connotazione più laica. Di questa laicità la maggioranza oggi al potere pare, però, essersi scordata se si guarda a recenti provvedimenti legislativi, dalle norme integraliste sulla fecondazione assistita alla premoderna cancellazione dell'insegnamento della teoria dell'evoluzione nella scuola media.
   Dalla seconda metà degli anni '70, il pluralismo in Rai si è affermato, attuato però secondo i criteri lottizzanti del manuale Cencelli. Al tempo stesso, mutati i tempi, il moralismo degli anni '50-'60 è, progressivamente, venuto meno. Oggi vi è, da noi, una tivù decisamente e giustamente disinibita ma anche assai meno dignitosa di una volta: spessissimo superficiale e spazzaturesca, volgare nel senso estetico del termine, "deficiente" (Franca Ciampi), pronta alla sudditanza verso i potenti e all'imbroglio. Quanto alla censura, ancora nel 1984, il direttore generale della RAI Biagio Agnes ha bloccato un "TG2 Dossier" sulla mafia ma, in seguito, le cose erano mutate in meglio. Oggi, invece, come si è visto, l'attività censoria - volta adesso non a particolari battute o a singole trasmissioni ma a programmi e individui sgraditi al Grande Capo - ha fatto un corposo ritorno. Cambierà questa situazione? Difficile a dirsi perché, come ho detto, il Berlusca non ha fatto che incarnare, accentuandole, certe pecche strutturali della nostra psicologia (media) nazionale. Ora poi, con la legge Gasparri bis che sarà presto approvata anche dal Senato, il Nostro fortificherà ulteriormente la propria situazione economica e di controllo mediatico: infatti questa legge modifica minimamente il testo che Ciampi aveva rinviato alle Camere. Di fatto Rete 4 non andrà sul satellite sebbene lo preveda la normativa antitrust e, più in generale, Mediaset intensificherà il suo ruolo dominante sia sul mercato pubblicitario sia potendo anche acquisire nuove televisioni o giornali. La Gasparri bis, tuttavia, risponde malamente alle obiezioni avanzate dal Presidente della Repubblica: a questo punto, però, mi pare improbabile che Ciampi, una volta che sia approvata dal Senato, non la firmi; e chissà se l'Autorità sulle Comunicazioni o l'Antitrust vi porranno ostacoli. E' una legge che affossa il pluralismo convalidando il duopolio Rai-Mediaset ma con vantaggi assai maggiori per il polo privato; e che non tiene affatto conto delle preoccupazioni di Ciampi per la sottrazione alla stampa delle risorse pubblicitarie, fagocitate dalle televisioni. Forse ci vorrà qualche giudice che la rinvii alla Corte costituzionale o un referendum abrogativo.
   Ma, se si ritiene che la televisione debba essere lo specchio del paese, difficilmente si potrà sperare in un suo profondo miglioramento. Sicuramente, però, il venir meno dell'anomalia berlusconiana resta la condicio sine qua non per ogni sua possibile evoluzione qualitativa. Un'auspicata definitiva sconfitta di Berlusconi alle politiche del 2006 - e, prima ancora, alle europee di giugno - richiederà, in primo luogo, che il centro-sinistra provveda a una sorta di ripulitura etico-giuridica, abrogando le leggi dannose ed emanandone altre doverose (come quella sul conflitto d'interessi che l'Ulivo, colpevolmente, non è stato in grado di approvare quando era al governo). E', questo, un prerequisito perché possa normalizzarsi, anche nelle sue estensioni televisive, l'ambito politico. Ciò, tuttavia, dispiace dirlo, non garantirebbe necessariamente un sostanzioso innalzamento della qualità dei programmi tale è il grado d'imbarbarimento raggiunto. Il fatto è che una buona televisione, non solo in Italia, dovrebbe essere addirittura migliore del proprio pubblico: divertirlo e, insieme, culturizzarlo affinandone il senso critico e fortificandone la coscienza morale. Spero di peccare in pessimismo ma che, in un futuro non lontanissimo - almeno per una delle nostre reti maggiori - questa metamorfosi televisiva avvenga, mi pare, comunque vadano le cose politicamente, davvero improbabile.
 


 
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