"L'area di Broca", XXV-XXVI, 68-69, 1998-99
SCRITTURA
Gabriela Fantato
In forma di monologo
tra duomo e inganni
delle parole lui ne aveva un mucchio
un sacco pieno, un fiume in piena
in corsa che se lo portava via
e le teneva strette, chiuse al foglio
(sulla bocca un filo di saliva
avvolta tutta nel bel sogno
che se lo tiene dentro e lo manda
al vento: a maggio un bacio,
ma è lontano ancora!)
la penna Bic qualunque tra le dita,
in aria appesa per segnare il cielo
che vuoto non lo è mai e neppure è pieno
mentre lo dice lui del liscio e bianco
che è sul foglio e che l'assale
quasi a quadrato, quasi ai fianchi
e traccia linee, traccia le fibre anche
per cercare il dopo, che il prima ha scordato
e chiede un soldo lui: le centolire
per mangiare, le poche per cercare
che sia davvero un po' com'era prima
e segna l'aria del metrò che è pieno zeppo,
trova piani e rette parallele
che la racconta tutta la sua storia
d'euclide il teorema, il certo conto
che mai non torna e l'ipotesi si sfa
e l'accarezza la sua donna ancora,
cerca le labbra e dice che quel giorno
aveva scelto lei per la sua vita,
per sempre aveva detto: sempre
e invece aveva scritto addio
(che il conto esatto ancora non gli torna)
e di ricordi lui ne ha la bocca piena,
che biascica anche, che poi è sciancato
il passo e la fatica troppo gli preme
(la voce non la tiene, la sillaba gli sfugge)
e scende in fretta proprio a inganni,
giù di corsa
e sembra sia per sempre.