"L'area di Broca", XXV-XXVI, 68-69, 1998-99
SCRITTURA
Pino Salice
Tre poesie
Mia penna gentile
O penna che mi estorci queste righe
sai dirmi il senso che da lor mi frutta,
o almeno il pro: se possan farsi dighe
contro l'urto del tempo e la distrutta
speranza e i sogni d'un'intera vita
trascorsa tra promesse vane e attese -
se l'inchiostro che macchia le mie dita
- nero di rabbia inchiostro discortese -
da serbare, futura fienagione
a compenso del dubbio che affatica
insidioso i pensieri. O insulse fole
accozzerò del mondo e di me stesso?
O penna dimmi, mia penna gentile,
se oro è tua virtù o moneta vile.
Serto e sorte
Farti un nido di lettere e figure
che t'è servito, di', nel giuoco alterno
dei giorni che ripetono ab aeterno
carenze irremissive, e le paure
di un essere che trema alle radici,
e di sé nulla apprende, nulla trova
che da feroci dubbi lo rimuova?
Ahi vani fogli! ahi storie ingannatrici!
Per raccattar le bubbole che scrivi
- poveri versi rime di dozzina -
lungamente grattasti la sentina
d'una scienza arrogante. T'indottrina
ora con tale palta di corsivi!
Fàttene serto e sorte, e così vivi!
Concione
Il discorso sul "metodo", signori,
da cima a capo occorre rifondare -
buttar via la zavorra coltivare
il giardino di Grazia lasciar fuori
gl'imbrogli del mercato e dei "valori"
libidine e ossessione del lucrare -
abrogare i concorsi e pur le gare
per qualche foglia di risecchi allori.
Indicare i mandati e i mandatari
spernacchiare ai comandi del bantù
archimandrita d'avidi e d'esosi.
Anarca scamiciata apoteosi
dove sta negli stracci la virtù
d'eguali senza patria né breviari.